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All’asta il castello Vuillermin di Finale?

I Verdi savonesi  hanno oggi ricordato i sette martiri antifascisti fucilati al forte “Madonna degli Angeli” il 27 dicembre 1943; sembrano gli unici a riproporre la data, in questo anno in cui si è assistito al vergognoso – ed idiota – atto vandalico che ha oltraggiato la lapide che li ricordava, poi sostituita. Tra di loro i nomi più noti sono Cristoforo Astengo e  Renato Vuillermin , entrambi avvocati, antrambi valorosi reduci della Prima Guerra Mondiale, entrambi patrioti di solidi principi civili. Come già avevamo rammentato in un pezzo commemorativo – “Ricordato Renato Vuillermin, martire della Resistenza”, on line dal 13 gennaio 2018 – le memorie dell’avvocato cattolico ed antifascista sono legate al “castelletto” in stile eclettico – neogotico nella specie – che si trova nel centro di Finale Ligure. Sembre che, a breve termine, l’immobile, che già versava in stato di abbandono, venga messo all’asta.

Gabriello Castellazzi, portavoce dei Verdi savonesi, prende posizione contro questa possibile soluzione e ricorda gli eventi del 1943: A Savona ,il 23 dicembre 1943 venne lanciata una bomba in un locale dove sostava un gruppo di militari nazisti: il bilancio dell’esplosione fu di 3 morti e 17 feriti. La Federazione provinciale fascista decise una rappresaglia ed iniziò a redigere l’elenco di persone che, pur essendo estranee ai fatti, dovevano comunque essere uccise. Vennero scelti i savonesi Cristoforo Astengo, Francesco Calcagno, Carlo Rebagliati, Arturo Giacosa, Aurelio Bolognesi, Agnello Savaresi e  Renato Willermin, reduce dal confino e sospettato di connivenza con gli Alleati. Tutti, pur innocenti, vennero brutalmente assassinati.  Willermin, uno dei fondatori del “Partito Popolare”,venne in seguito ricordato da illustri personalità tra le quali Benedetto Croce e Alcide De Gasperi.

Castellazzi si sofferma quindi sul “Castello”, che fu residenza di Vuillermin e rammenta che esso venne” … adattato ad -Ostello della Gioventù-e ospitò migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, ma oggi è in stato di abbandono. Un primo progetto di restauro, che prevedeva anche spazi pubblici, è miseramente fallito.Un vero peccato perchè con il tempo i danni sono aumentati e rischia ora di scomparire il ricordo simbolo di un martire della Resistenza. I fascisti lo accusavano ingiustamente di fare segnalazioni ai sommergibili alleati dalla torre di sud-est”. 

“L’importanza storico-culturale del castello è notevole:  il caratteristico stile eclettico comprende richiami arabi con innesti medioevali e porta con se un messaggio religioso intimamente legato al costruttore. L’edificio è composto da un corpo centrale e una grande torre rivestita in “Pietra di Finale” nella parte bassa, con  mattoni rossi su quella superiore. Circondato da una cinta muraria e quattro torri d’angolo è molto curato nei particolari: le finestre e le vetrate hanno molti simboli cristiani. Particolari decorazioni vennero disegnate personalmente da Willermin”. 

“La costruzione risulta nello stesso stile dei castelli Mackenzie e D’Albertis, realizzati in Genova tra il 1890 e il 1915 come esempi di architettura neo-gotica. Altro fatto singolare: la struttura, iniziata nel 1936, contrariamente ai castelli neo-gotici di Genova, venne realizzata  in cemento armato, in un periodo nel quale erano in vigore le -sanzioni- imposte dalla Società delle Nazioni e il ferro scarseggiava. Willermin riuscì con grande difficoltà a reperire i materiali e seguì tutti i lavori insieme al progettista , l’Architetto Pietro Paolo Bonora , noto per  aver realizzato importanti opere quali il “Santuario di Oropa” ed edifici religiosi in Etipia e in Argentina”. 

“Il -castello- era in evidente contrasto con le linee dell’architettura del regime e certamente la scelta non fu casuale. E’ legittimo pensare che la costruzione, comprendente molti simboli cristiani, sia stata un modo di esprimere le sue convinzioni politiche e religiose in un periodo di censura fascista. Il luogo dove Willermin visse deve essere oggi recuperato, restituito alla memoria della comunità e aperto in una parte consistente alla fruizione dei cittadini, in particolare dei giovani”.

Le parole di Castellazzi sono più che condivisibili, ma senza un progetto ed un sostegno finanziario realistici l’interessante edificio è destinato alla rovina come la savonese “Villa Zanelli”; pertanto, con opportuni e non aggirabili vincoli, non sarebbe così scandaloso che la costruzione venisse acquisita da chi può operarne un effettivo recupero.

E’ da precisare però che espressioni architettoniche in stile eclettico o con richiami liberty o decò non necessariamente rappresentano opposizione al regime e, nell’edilizia privata, continuarono ad essere diffuse sino agli anni 1930; lo stile cosiddetto “littorio”, ascritto alle manifestazioni costruttive proprie del regime fascista – esso stesso comunque, amalgama di neoclassismo, art decò e razionalismo, con prevalenza dell’uno o dell’altra tendenza, a seconda dei casi e degli architetti – pare proprio delle iniziative architettoniche governative o di edilizia pubblica o con partecipazione pubblica ed ufficiale. Ciò non toglie comunque il tocco personale di Renato Vuillermin sulla dimora cui il suo nome è legato!

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