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Il Governo francese ha presentato la propria riforma del lavoro che andrà in vigore questo mese di settembre. Rispetto al Jobs Act del Governo Renzi, la riforma francese è molto più penetrante in quanto non solo incide sulla contrattazione nazionale, favorendo la contrattazione aziendale, ma, anche, riduce il potere del Sindacato con l’abolizione del vincolo dell’accordo maggioritario. Cioè, oggi in Francia, per approvare un accordo aziendale, in materia di organizzazione ed orario di lavoro, è necessario che il suddetto accordo raggiunga il consenso del 50,1% delle sigle sindacali. In mancanza di questa percentuale di adesione, una delle organizzazioni sindacali può opporre il veto e l’accordo non può entrare in vigore. Con l’applicazione del nuovo diritto del lavoro ci sarà la fine del monopolio sindacale: nelle aziende fino a 20 dipendenti la negoziazione avverrà con i vertici aziendali che presenteranno una bozza di accordo la quale diventerà contrattualmente valida se sarà approvata dalla maggioranza dei dipendenti. Nelle aziende con più di 20 e fino a 50 dipendenti, un delegato designato dai lavoratori condurrà le trattative con l’azienda. Infine i tre organi sindacali (delegati, comitato d’impresa e comitato d’igiene e sicurezza) saranno fusi in un unico Consiglio sociale ed economico. Solo nelle aziende con un numero di dipendenti superiori a 300 potrà essere mantenuto in vita il Comitato d’igiene e sicurezza. Ma l’ostacolo più grande, che Macron vuole abbattere, è quello del tetto massimo di 35 ore (anziché 39) del lavoro settimanale. Le “35 ore” settimanali, come tetto dell’orario normale di lavoro, nascono nel 1998 quando vinsero le elezioni i socialisti guidati da Lionel Jospin, che avevano promesso questa “conquista” nel loro programma elettorale. Il problema collegato a quello dell’orario di lavoro era che questa “conquista” dovesse essere a costo zero per i lavoratori, mantenendo i salari invariati (a fronte di meno ore lavorate). Gli imprenditori, ovviamente non potevano essere d’accordo su una proposta che avrebbe aumentato i loro costi senza nessuna contropartita. Infatti, alla fine, il Governo fu costretto a cedere e stanziò 12 miliardi di Euro per compensare gli imprenditori dei maggiori costi derivanti da quello che, nel frattempo, non essendosi raggiunto un accordo fra le parti, era diventato un provvedimento di legge. Ancora oggi in Francia le 35 ore settimanali sono in vigore (compresi i 12 miliardi di Euro di rimborso). Tuttavia, a dimostrazione che la gente accetta i regali ma si insospettisce [come disse Laocoonte ai Troiani che avevano fatto entrare il Cavallo di legno entro le mura: “timeo danaos et dona ferentes”], gli elettori francesi ringraziarono Jospin non facendolo arrivare al ballottaggio nelle elezioni che si tennero nel 2002, pochi mesi dopo l’approvazione della legge sulle “35 ore”. In queste elezioni, infatti, al ballottaggio si affrontarono Jacques Chirac e Jean-Marie Le Pen, mentre Jospin con il 16,2% dei voti arrivò terzo e non potè concorrere per la Presidenza. Poi, come era assolutamente logico e prevedibile, vinse Chirac. Perchè quella delle “35 ore” è una sciocchezza sesquipedale dovuta alla stupidità ideologica di certa sinistra: infatti quel provvedimento ha fatto aumentare soltanto marginalmente l’occupazione e, per contro, ha caricato sul bilancio statale un onere che ha impedito di fare interventi più mirati a favore delle classi meno abbienti. Per fare il primo esempio che mi viene in mente (ed è una considerazione molto superficiale) se quei 180 miliardi (12 all’anno per 15 anni) fossero stati spesi per migliorare le condizioni di vita nelle banlieue, forse, ci sarebbero meno terroristi che scorrazzano per la Francia. Va detto che né Chirac, né Sarkozy, né Hollande ebbero la forza di affrontare il problema dell’abolizione delle “35 ore” che, ormai è entrato nella vita dei francesi, per i benefici non economici connessi alla riduzione di orario (come gli ulteriori “giorni di vacanza”) che ormai sono radicati nelle abitudini famigliari dei francesi.
Non so se Macron avrà la forza di affrontare vittoriosamente un problema sempre evitato dai suoi predecessori (di destra e di sinistra). Il suo primo problema è occuparsi dell’elasticità e della produttività del lavoro soprattutto nelle imprese piccolissime e di quelle piccole e medie. Si tenga conto che la Francia ha 29 imprese presenti nella classifica mondiale di Fortune sulle 500 grandi società. L’Italia ne ha solo sette!
Se riuscirà ad abolire le “35 ore”, aumentando parallelamente la produttività, la Francia sarà in competizione con la Germania nel ruolo di “locomotiva europea”. Altrimenti presto l’inno della UE non sarà più “L’inno alla gioia” della nona sinfonia di Beethoven, ma “Deutschland, Deutschland über alles” con la musica di Haydn.
( Lorenzo Ivaldo)

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