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APPUNTI E DISAPPUNTI

L’11 settembre 2001, era martedì: all’incirca alle ore 9 a.m. (ora locale) il volo American Airlines 11 colpisce in pieno la Torre nord del Word Trade Center; alle 9,03 il volo United Airlines 175 si schianta contro la Torre sud, alle 9.43, il volo American Airlines 77 si schianta contro il Pentagono, alle ore 10,10 l’United Airlines 93 precipita in Pennsylvania nei pressi di Pittsburgh. In definitiva sono stati dirottati 4 aerei: due Boeing 767 si schiantano sul World Trade Center, il Boeing 757 precipita sul Pentagono e il quarto Boeing 756 che avrebbe dovuto colpire la Casa Bianca precipita in Pennsylvania. L’attacco provoca 2749 morti sulle Torri Gemelle, 184 morti al Pentagono, 40 morti in Pennsylvania per un totale di 2973 persone decedute; sono da aggiungere 19 terroristi. Il loro capo, alla guida dell’ American Airlines 11, era un egiziano di nome Mohamed Atta. Degli attentatori 15 erano cittadini dell’Arabia saudita, due erano cittadini degli Emirati Arabi uniti, uno era libanese ed uno egiziano (il capo). Nel giorno stesso dell’attentato l’FBI costituì un gruppo investigativo che si occupasse esclusivamente dell’attentato. Il 14 settembre tutti i 19 partecipanti all’attentato erano già stati identificati. L’ideatore dell’attentato fu un cittadino kuwaitiano di nome Kalid Shaykh Muhammad che propose a Osama bin Laden il suo piano per un attentato che utilizzasse aerei come armi e piloti suicidi per la realizzazione. Bin Laden mise a disposizione la struttura di al-Qa’ida come supporto logistico per l’individuazione dei “kamikaze” che dovevano portare a compimento l’attentato e mettere a punti i dettagli dell’operazione ed i relativi finanziamenti.
Negli anni ‘80 Bin Laden aveva avuto rapporti con i servizi segreti degli Stati Uniti per combattere le truppe Sovietiche in Afghanistan. In quel periodo Bin Laden viveva in Sudan e di lì dirigeva il gruppo terroristico di al-Qa’ida. Dopo l’implosione dell’URSS, gli americani fecero pressioni sull’Arabia Saudita e (tramite questa) sul Sudan perché costringesse Bin Laden a fuggire in Afghanistan nascondendosi sui monti. La seconda moglie ed il figlio non lo seguirono e tornarono in Arabia Saudita. Osama bin Laden dopo l’invasione dell’Afghanistan da parte della coalizione militare “Enduring freedom” fu costretto a rifugiarsi in Pakistan, dove fu ucciso il 2 maggio 2011, durante un raid delle truppe speciali USA. L’attentato dell’11 settembre 2001 fu un evento di tale portata che, inevitabilmente, la versione ufficiale fu contrastata dai complottisti di professione i quali, però, in questi 16 anni non hanno portato una sola ragione che avvallasse le loro teorie, compresa quella che Bin Laden non è stato ucciso perché non si è trovato il cadavere. Al contrario, le versioni ufficiali indicano con precisione da chi fu ideato l’attentato e chi lo realizzò. Le tesi del complotto, invece, non indicano in modo univoco il perché di questo complotto. Esse si basano su ipotesi che sono state contestate con dati di fatto e con dati scientifici. In Italia Giulietto Chiesa e Milena Gabanelli, ( e si poteva dubitarne!) hanno sposato le tesi di un complotto, basando le loro tesi, fra l’altro, sull’ assenza dei rottami dell’aereo che ha colpito il Pentagono e non confutando con dati precisi, ma solo con sensazioni, le obiezioni delle fonti ufficiali. Il fatto è che, dopo quello che è successo con l’ISIS, la tesi della responsabilità dell’attentato attribuita a Bin Laden è l’unica che ha un senso compiuto.Inoltre sono stati tirati in ballo ipotetici “capitalisti” che avrebbero lucrato su quanto sarebbe stato pagato dalle assicurazioni e, persino, i servizi segreti israeliani. Confortata quest’ultima ipotesi, dalla notizia (poi rivelatasi assolutamente falsa) che l’11 settembre numerosissimi impiegati israeliani, che lavoravano nelle Torri Gemelle, non andarono a lavorare. Il fatto è che nessuno ha esplorato con profondità quanto è accaduto dopo l’implosione dell’Impero dell’URSS ed il saccheggio degli arsenali dell’Armata Rossa, specialmente nei Paesi di religione islamica, che si erano già staccati da Mosca, come la Cecenia. Al-Qa’ida è nata per fare la guerra all’Occidente e successivamente (con la morte di Bin Laden) è stata sostituita (in parte) dall’ ISIS. C’è ancora una considerazione di carattere psicologico da fare: all’inizio di ogni guerra (e questa con l’ISLAM è una guerra) gli Americani vengono sempre presi a dormire. L’attacco dei Giapponesi a Pearl Harbor è l’esempio più eclatante. Anche in quella occasione i complottisti, in servizio permanente effettivo, sostennero che il Presidente Franklin Delano Roosevelt avrebbe, volutamente, ritardato di comunicare al Comando della flotta del Pacifico, la previsione di un attacco nipponico, al fine di guadagnare un consenso larghissimo per poter entrare in guerra contro Giappone, Germania e Italia.

P.S. Ho ritardato di un giorno nella pubblicazione di questo articolo nella mia rubrica del lunedì, perché, prima di scrivere, volevo vedere lo speciale di Enrico Mentana, trasmesso ieri sera su “La7”, per accertare se avessero nuove informazioni sull’argomento. Purtroppo, come spesso succede negli speciali di Mentana, il risultato complessivo è stato noioso e deludente. Niente che non si sapesse già comprese le dietrologie (sempre evidenziate e le controdeduzione, fornite en passant). Una volta di più, mi sono confermato nel convincimento che Enrico Mentana non sia più il brillante giornalista che era ai tempi di Mediaset (quando, forse, sperava di traslocare in RAI). La permanenza a “La7” lo ha portato ad assumere un atteggiamento di appiattimento sul suo editore Urbano Cairo, il quale sia nella editoria giornalistica (è il re del gossip urlato), sia in quella televisiva, tende a porgere la notizia più per “épater le bourgeois” (come direbbero i francesi) che a sviscerare la notizia stessa ed approfondirla, a prescindere da chi sia favorevole o contrario.

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