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CRONACA

Incontro tra cittadini per dire “no” al centro di smistamento profughi

Di Linda Miante

In un clima a lungo impregnato di passività, ieri sera a Legino si è innescata una scintilla di disappunto.
Via Magnano e i giardinetti adiacenti al campetto della Diocesi sono stati teatro di un incontro avvenuto tra centinaia di cittadini, la maggior parte dei quali residenti a Legino, per parlare del progetto “hub” di prima accoglienza per i migranti. Difficile infatti decretare se l’accoglienza sia davvero riservata ai profughi.
Una riunione la cui organizzazione va attribuita, a scanso di equivoci, alla volontà dei savonesi, motivo per cui è parso più uno scontro tra impotenti anziché un’incontro.
Persone di tutte le età, uomini e donne, famiglie. Hanno presenziato circa 400 persone, gente comune, cittadini e non xenofobi, come di recente sostenuto da autorevoli testate giornalistiche ben lontane da un’analisi imparziale, fondamentale invece per allontanare l’opinione pubblica da sterili scaramucce.
Dopo aver interessato città quali Alassio e Carcare, il problema dell’accoglienza ha bussato alla porticina della Torre Leon Pancaldo.
Intanto la protesta prosegue su Facebook attraverso un gruppo di 1.834 membri.

Che sia stata una protesta contro tutto e tutti, una manifestazione di difesa identitaria, di frustrazione o persino di paura? Qualunque sentimento abbia mosso gli animi, è questo un segnale di attaccamento al territorio oltre che al quartiere, un attaccamento che va oltre lo schieramento politico.
L’Assessore alla sicurezza Paolo Ripamonti ha infatti risposto all’appello di presenziare alla riunione e pur ricevendo qualche improperio, ha tentato di fornire una spiegazione politico-amministrativa ancora ben lontana da una risposta che nessuno, ora, è in grado di dare.

Uno scambio di opinioni dirette, colorite, talvolta rozze, ma perché stupirsene: la folla è numero, brusio; al suo interno sono racchiuse le personalità più disparate in grado di influenzarsi a vicenda, nel bene e nel male.
Prestare ascolto alla folla non darà mai i suoi frutti qualora non vengano ascoltate anche le persone.

Quanto è stato deciso – spiega Ripamonti – non è imputabile al volere del Sindaco Caprioglio, che ha anzi espresso la sua preoccupazione e ha sollecitato ogni precauzione possibile. La nostra è una situazione diversa da quella di Alassio perché qui la struttura non è vincolata al Comune: è stato messo a disposizione uno spazio di proprietà della Diocesi e la Croce Rossa ha dato la sua disponibilità.
Nel giro di pochi minuti la responsabilità viene fatta rimbalzare fino a Roma, dove siede il Ministro degli Interni, a detta del portavoce l’unico vero responsabile della linea di condotta adottata dal Prefetto.

E quindi, quali soluzioni verranno prese in considerazione?
Innanzitutto il desiderio dei cittadini di vedere il Sindaco tra la folla non è fattibile, perlomeno non nella modalità in cui è avvenuto il primo incontro di Legino.
In una situazione così delicata la massima autorità cittadina ha l’obbligo di gestire rapporti e contatti stando sopra le parti, ovvero evitando di schierarsi in maniera frettolosa né dall’una, né dall’altra parte. Questo perché la rete delle parti coinvolte è fitta e va ben oltre le competenze di Comune e Regione, sebbene tra quest’ultima e il primo cittadino ci sia una stretta collaborazione.
La professionalità sta sì nell’ascoltare, ma soprattutto nell’agire nell’interesse dei cittadini, sfruttando quell’astuzia politica che potrebbe cambiare le carte in tavola.
La voglia di cambiamento è stata espressa recentemente alle urne, per cui la maggioranza non può che salvaguardare l’interesse di quei cittadini che si trovano a dover fare i conti con una prospettiva del tutto nuova, nella quale non hanno avuto voce in capitolo.
Delegando l’Assessore Ripamonti l’amministrazione ha voluto lanciare un messaggio implicito su quella che è, tra l’altro, la preoccupazione primaria: la sicurezza, di Legino in questo frangente e di tutta la città, stando a quanto lamentato dai savonesi durante i giorni di campagna elettorale.

Ma le preoccupazioni sono tante, si passa dal problema dell’igiene a quello dei controlli fino ad arrivare al numero esatto di persone ospitabili.
Dovrebbe essere garantita una soglia massima di 48 ore per ogni individuo, tuttavia l’affluenza sarebbe a ciclo continuo. Se questo meccanismo non dovesse funzionare si creerebbe sovraffollamento, con il conseguente aumento dei generi alimentari, dell’assistenza, delle cure mediche.

Ci si chiede, poi, come, quando e con quali mezzi verrà attrezzata l’area.
Tra i tanti che cercano di dire la propria qualcuno sostiene che Legino non è affatto pronta a ospitare un “campo profughi” e che il luogo ideale è l’ostello della Conca Verde.
Alternativa poco plausibile perché profughi e migranti sarebbero molto lontani dal centro città, cosa che altrove ha già fomentato proteste non del tutto pacifiche.
Una responsabilità che ricadrà sugli enti locali, sui cittadini, sul territorio, ma ad oggi difficile da scansare.

1 commento

  • Finalmente un articolo che si limita a descrivere obbiettivamente quello che è successo. Una volta si chiamava cronaca oggi si chiama eccezione

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