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ATTUALITÀLettere alla redazione

La buona scuola che vorrei…

Caro Presidente, sono lieto di rispondere al Suo appello in merito alla <buona scuola >, quella frequentata da ragazzi che simboleggiano un sogno di vita e sono destinati per un buon cinquanta per cento a restare senza futuro. Partiamo dall’ovvio: bocciare senza appello le aule fatiscenti e sovraffollate in istituti insicuri e malsani. Perché il lavoro in classe sia efficace occorre poter attuare i tre compiti di base dell’insegnante: amore per ciò che si insegna (conoscenza e passione: Studium); stima, rispetto e comprensione per coloro ai quali si insegna:( empatia);riconoscimento dello studente come persona che incarna un progetto di futuro e non semplicemente un oggetto da cui ottenere risultati sufficienti con una creatività didattica che permetta di innovare ogni lezione, in base agli allievi ed al contesto possibilmente decente e dignitoso:(metodo). Soprattutto occorre non stancarsi mai di provare quel magico piacere di imparare, insegnando. E questo lavoro così importante, così essenziale per la società da qualche decennio è stato svalutato, al pari di tutti gli altri, al posto della vile moneta che non si poteva più deprezzare. Si è iniziato con gli scatti di contingenza e poi quelli di anzianità sempre più rarefatti, con la soppressione dell’indennità di mancato rinnovo del contratto, con il blocco degli stipendi e come se non bastasse, si è reso il lavoro sempre più precario ed insicuro. Pare che la nostra Costituzione, la prima fonte del diritto, sia stata brutalmente ignorata agli art. 1, 4, 35 e 36. Mancano i fondi, Ella mi dirà, ma io mi domando forse in forma retorica perché si trovano i soldi per organizzare corsi di formazione professionale che non formano neppure un allievo e in dieci anni sperperano dieci miliardi di euro; perché si fa una riforma degli enti provinciali che avrebbe dovuto farci risparmiare due miliardi di euro e a detta della Corte dei Conti, l’economia si ridurrà a pochi spiccioli, perché non si riescono a far fruttare i fondi sequestrati alla mafia (circa due miliardi di euro); perché si permette di compiere una truffa ai danni dello Stato anche sui corsi dedicati alla legalità ecc. ecc. E proprio un paese strano il Nostro, nel quale un’ iscritta ad architettura fuori corso può esercitare la professione di chirurgo estetico ed il partito che la sostiene non è d’accordo neppure sugli esiti della recente partita Roma- Juventus. Ho letto con molto rammarico che il Portogallo con un andamento economico più claudicante del Nostro, retribuisce gli insegnanti con una retribuzione iniziale di quasi ventiseimila euro e finale, dopo 34 anni di servizio, di 45 mila. Per noi è un ancora un sogno. Ma si sa: gli insegnati per quel che fanno, guadagnano troppo… (Non è così, mi creda! E una vita che insegno e le posso garantire che il corpo docente ormai fa anche ore di volontariato oltre a quelle di servizio mal retribuite). Pensiamo ai discenti, giovani sui quali non devono ricadere le colpe dei padri. Le pare dignitoso che si parli sempre più di classi–pollaio dove si ammassano i ragazzi come polli da batteria e peggio ancora vengono accorpati (contra legem) quando si assenta il docente, per mancanza di fondi? E così gli insegnati preferiscono un posto di bidello che restare nelle fatiscenti graduatorie d’istituto dei supplenti. Ella signor Presidente vuole meritoriamente combattere anche la piaga della disoccupazione giovanile. La strategia indicata è quella di rendere l’alternanza obbligatoria negli istituti tecnici, estenderla di un anno nei professionali e portare da 100 a 200 le ore annue di attività extra scolastica. L’idea è buona ma è debole perché non sono previsto soldi alle aziende! E’ sempre questione di palanche come diciamo in Liguria da investire finalmente per rendere una classe un insieme di gruppi di lavoro in grado di progettare un futuro migliore con un apprendimento attivo e responsabile anche verso gli altri, alzando sempre più l’asticella dell’impegno. Gli ennesimi tagli alla scuola rientrano invece in una logica puramente aziendale. La stessa logica che insegna ai nostri giovani a farsi i conti in tasca e a non far niente per niente. Quella stessa filosofia che ha introdotto nelle nostre aule il lessico bancario dei crediti e dei debiti. Spendere meno per incassare di più non paga in campo educativo e formativo: si dovrebbe capire una buona volta! L’istruzione deve diventare finalmente un diritto vivente! Prof. G.F. Barcella – Savona-
p.s. I miei colleghi mi hanno detto che è poco dignitoso aderire alla Sua consultazione. Da molti Ella è considerato come Federico di Prussia il quale era solito affermare: “Pensate quello che volete ma ubbidite a quello che dico!”

G. Franco Barcella

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