Si sono concluse con grande successo al Carlo Felice le repliche della Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, con la regia di Dario Argento.
La messa in scena di questo cupo dramma della disperazione e della follia, tratto dal un romanzo di Walter Scott, da parte di un maestro del brivido come Argento, ha suscitato molte attese, non si sa fino a che punto soddisfatte. In realtà lo spettacolo, contenendo già in sé momenti estremamente forti, non ha avuto il bisogno di essere “stravolto”,anche se la regia, pur mantenendo l’impostazione classica, ha introdotto momenti originali . Innanzitutto Argento ha trasposto l’azione verso il 1850, all’incirca l’epoca del compositore, facendo abbigliare le figure femminili (costumista Falaschi) alla maniera preraffaellita, “riscoprendo così le ossessioni, gli incubi, che segnarono quell’epoca nella storia dell’arte”. E veramente le ricche vesti e i magnifici, fluenti capelli di Lucia facevano rivivere le fragili eroine di Rossetti e Burne-Jones.
La novità , da alcuni contestata, è stata, nel primo atto, l’incarnazione del fantasma alla fontana, evocato dalla protagonista, sotto le sembianze di un plastico nudo femminile. Al termine dell’opera compare un altro fantasma, ma questa volta è quello di Lucia, che viene a prendere l’amato Edgardo, appena trafittosi con il pugnale.
Detto questo, lo spettacolo ha avuto in Desirée Rancatore una sensibile, fremente e disperata Lucia, che a poco precipita nella follia. Bene anche l’Enrico, il fratello della protagonista, interpretato da Stefano Antonucci e il cappellano Raimondo di Giovanni Battista Parodi, che ha sostituito l’indisposto Orlin Anastassov. Gianluca Terranova si è rivelato un tormentato Edgardo; brava, pur nel suo piccolo ruolo, l’Alisa di Marina Ogii.
Se ottima è stata la prova del coro, diretto da Pablo Assante, più che positiva la fluente direzione dell’Orchestra del Carlo Felice da parte del Maestro Giampaolo Bisanti.
Claudia Sugliano