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Mondiali di calcio 2018 : quali insegnamenti

Domenica scorsa la Francia ha vinto i Mondiali di calcio! Quod erat in votis. Il calcio si è dimostrato, ancora una volta, una scienza esatta: ha vinto la squadra più forte non come individualità singole, ma come gioco di squadra. Ha battuto la Croazia che aveva individualità di maggiore classe, come Modric (centrocampista del Real Madrid vincitore delle ultime tre edizioni della Champions), Rakitic (centrocampista del Barcellona vincitore del campionato spagnolo 2018) e Perisic (che gioca nell’Inter) il solo che non ha vinto nulla nel campionato scorso, anche per colpa sua essendo un giocatore che alterna prestazioni eccezionali, come quelle della semifinale contro l’Inghilterra dove ha vinto la partita praticamente da solo (dopo avere dormito per quasi 70 minuti) e nel primo tempo della finale, con partite nelle quali la sua presenza era assolutamente marginale. Eppure, questo schieramento di giocatori di classe, accompagnato da altri giocatori di buon livello come, ad esempio, Mario Mandzukic e Marcelo Brozović, non è bastato per battere la Francia che ha due soli fuoriclasse: il dicianovenne Kylian Mappé (che gioca nel Paris Saint Germain) il quale, peraltro, deve ancora crescere come personalità e professionalità e Antoine Griezmann (che gioca nell’Atletico Madrid, arrivato secondo nel campionato spagnolo). Infatti, la nazionale francese ha molti ottimi giocatori (di classe non eccelsa ma di grande quantità) come Giroud, Pogba, Kantè, Umtiti. Anche tutti gli altri (come quelli in panchina) sono di livello molto alto. Arrigo Sacchi (con Marcello Lippi il più grande allenatore italiano degli ultimi trent’anni) diceva sempre che nel calcio per vincere (come nella vita) bisogna possedere quattro doti indispensabili (che lui pronunciava in dialetto emiliano) : 1° “oecc” (occhio): cioè essere pronti e veloci a reagire nei momenti critici; 2° “memoria”: ricordare gli errori fatti e non ripeterli; 3° “pasiensa” : aspettare il momento opportuno per agire; 4° “bus del c..”: un pizzico di fortuna, senza la quale quale tutto è inutile perché “contro il fato avverso la ragion non vale”. La storia dimostra che l’attuale allenatore della Francia Didier Deschamps, capitano della Nazionale francese che vinse il mondiale del 1998, ex giocatore ed ex allenatore della Juventus, possiede in grande quantità tutte queste doti. Domenica scorsa Deschamps ha dimostrato di avere “occhio” quanto al 55’ ha sostituito Kanté con N’Zonzi, piazzandolo (con i suoi 191 cm di altezza) davanti alla difesa francese. Da quel momento la Croazia non ha più fatto un tiro in porta se non il gol di Mandzukic ( sul 4-1 per la Francia) venuto su gentile regalo del portiere francese Lloris, che forse voleva ripagare il Marione croato, dell’autogol fatto ad inizio di partita, poi pareggiato da Perisic. In semifinale la Francia ha eliminato il Belgio, la squadra che ha giocato il miglior calcio di tutto il mondiale, con una difesa alta ed attenta e con ripartenze fulminee che mettevano in ambasce la difesa francese che pure è una difesa molto attenta ed efficace. Nella partita col Belgio la Francia è andata in vantaggio con un gol di Umtiti su calcio piazzato. Dopodichè la squadra di Deschamps si è comportata come hanno sempre fatto tutte le squadre guidate dal tecnico francese: controllo dello spazio davanti ad una difesa attenta ed in grado di leggere con anticipo gli sviluppi degli attacchi belgi e tentativi di innescare il contropiede di Mappè che un paio di volte è stato talmente veloce a fiondarsi verso l’area belga che poi non ha trovato nessun francese che fosse stato capace di seguirlo per poter sfruttare i suoi cross. La vera finale è stata, quindi, Francia – Belgio, dove c’era un vero equilibrio fra due squadre molto ordinate e molto consapevoli della propria forza. Ed ha vinto la Francia perché ha saputo aspettare, cambiare quando era necessario (Tolisso al posto di Matuidi) ed, infine, ha anche avuto un pizzico di fortuna in qualche rara circostanza. Mentre la Francia regolava il Belgio, nell’altra semifinale la Croazia aveva di fronte un’Inghilterra che faceva quindici passaggi orizzontali per avanzare di tre metri verso la porta avversaria. Una volta arrivati vicino alla porta croata gli inglesi facevano cross improbabili e quelli pericolosi venivano indirizzati verso un Kane che, a dispetto del fatto che sia stato il capocannoniere del mondiale, li ha ciccati tutti miseramente. Insomma mentre la Francia batteva un Belgio che spesso l’ha messa in difficoltà, la Croazia si trovava a maramaldeggiare conto una squadra che sviluppava un gioco che il grande Gianni Brera* avrebbe definito, con un’espressione non proprio elegante ma icastica, “masturbatio grillorum”. La conseguenza di queste due semifinali fu che la Croazia si sia convinta, sbagliando, che il gioco francese fosse vacuo come quello inglese. Invece la mentalità pragmatica di Deschamps consente a tutte le sue squadre di affrontare tutti con la stessa ordinata determinazione. La partita di domenica fu sbloccata di un infortunio da Mandzukic che in una mischia nella propria area provocò un’autorete. Il risultato fu riportato in parità da un gol strepitoso di Perisic, il quale poi provocò un rigore che Griezmann trasformò. Si andò quindi all’intervallo con la Francia in vantaggio. Nella ripresa la Croazia attaccò a testa bassa e per 10 minuti la Francia dette l’impressione di essere sul punto di crollare. Al 55° Deschamps sostituì Kanté, che era in evidente difficoltà, con N’Zonzi e nel giro di 10 minuti la Francia segnò due gol: uno al 59°con Pogba che ebbe, per un rimpallo, sui piedi il pallone all’interno dell’area avversaria (quarta condizione di Sacchi). Pogba lo calciò in rete con splendido coordinamento. Sei minuti dopo un magnifico Mappè, con un’azione personale, segnò un goal da grande campione. Dopo ulteriori 4 minuti il portiere Lloriss , solo in area, dovendo rinviare un pallone già in suo possesso, pressato da Mandzukic che stava accorrendo, decise di impressionare l’attaccante croato cercando di driblarlo palla al piede. Mandzukic, malgrado sia da alcuni anni giocatore della Juventus, non è dotato di senso dell’umorismo! Perciò, di fronte alla goffaggine di Lloriss non si mise a ridere ma calciò il pallone in rete segnando a porta vuota. Era il 70°! La Croazia, a quel punto, credette fosse possibile pareggiare i conti segnando due goal in venti minuti, cosa che non le era riuscita in 50’. Si assistette, quindi, ad un attacco a testa bassa che ricordava la carica della cavalleria polacca sul Don gelato contro un reparto corazzato tedesco. Sia i polacchi, in allora, che i Croati domenica scorsa, credevano di poter vincere. Sul Don fu una carneficina dei valorosi ussari polacchi (e dei loro cavalli); sabato scorso i francesi non infierirono, semplicemente nascosero il pallone ai croati che, scoprendosi in difesa, rischiarono anche di prendere il 5° goal. Poi al fischio finale tutti ad esultare, con l’espansiva Presidentessa Croata che, in lacrime, baciava tutti quelli che le capitavano a tiro, primo fra tutti il Presidente Macron, [sotto lo sguardo vigile di Brigitte], senza distinzione di nazionalità, religione o colore, compresa tutta la quaterna arbitrale. Su questi mondiali ci sono ancora un paio di considerazioni da fare. A) La classifica dei cannonieri non conta assolutamente niente. Il capocannoniere di questo mondiale è Harry Kane che, ha segnato sei reti (in parte su rigore) nelle prime partite contro squadre di calcio improbabili. Dai quarti di finale in poi non ha segnato una sola rete, ciccando clamorosamente goal che avrei segnato anch’io che ho quasi ‘80 anni e non ho mai giocato al calcio. Conclusione: i goal bisogna pesarli non contarli. Se non si trasformano in punti aggiuntivi i tanti goal non contano niente. B) Gli allenatori non si improvvisano. L’Argentina che poteva contare su 4 degli attaccanti più forti del mondo (Messi, Icardi, Higuain e Dybala) è stata affidata ad un allenatore che di mestiere fa il DJ, il quale non ha nemmeno convocato Icardi e non ha messo in squadra né Higuain né Dybala se non per gli ultimi 10 minuti degli ottavi di finale. Così l’Argentina è stata eliminata dalla Francia con un Mappè strepitoso. La Colombia, il cui attaccante più pericoloso è stato Juan Cuadrado [il quale nella Juventus era stato acquistato come terzino destro] è stata eliminata dall’Inghilterra ai rigori. Ha ragione Sacchi a dire che questi mondiali sono stati una fortuna per gli allenatori perché avesse vinto l’Argentina, tutte le grandi squadre avrebbero licenziato i loro allenatori mettendo al loro posto dei disc jockey.

* Post Scriptum: Gianni Brera, nato a San Zenone al Po (PV) l’8 settembre 1919, morto a Codogno (LO) il 19 dicembre 1992 a seguito di un tragico incidente stradale, è stato un giornalista sportivo ed uno scrittore. Come scrittore ha scritto molti libri di sport (soprattutto ciclismo e calcio). Ha scritto anche un romanzo “Il corpo della Ragassa” da cui fu tratto un film. Scriveva con prosa brillante (firmandosi,talvolta, “Gioânbrerafucarlo”) condita da venature dialettali della sua amatissima padania. Ebbi occasione di conoscerlo personalmente perchè entrambi eravamo stati eletti nell’Assemblea Nazionale del Partito Socialista Italiano (ai tempi di Bettino Craxi). Organismo pletorico con oltre 1500 membri, i quali, le rare volte, che veniva riunita questa Assemblea, occupavano il tempo per allargare la sfera delle proprie conoscenze. Fu inventore di neologismi come “abatino” appellativo di Rivera, “rombo di tuono” appellativo di Gigi Riva che sono entrati nel linguaggio corrente del calcio. Ricordo che dopo una partita in cui l’ala sinistra dell’Inter, il grande Mariolino Corso, si era preso una domenica sabbatica assistendo alla partita dal campo, scrisse che”…ormai Corso è solamente il participio passato di correre…”. Cosa che io ho copiato quando ho scritto, in tempi non sospetti, che il Partito Democratico è, ormai, soltanto il participio passato di “partire”.

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