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Povero cuore azzurro

La disfatta italiana è sotto gli occhi di tutti. L’intero sistema calcistico italiano è sotto processo e numerose polemiche sono destinate ancora ad alimentarsi. Il presidente federale della FIGC, Carlo Tavecchio e il commissario tecnico, Giampiero Ventura, si sono dimessi. Durante una conferenza stampa storica, Tavecchio ha difeso, con toni molti accesi, tutti i propri meriti da quando è presidente federale, dal VAR al ritorno di quattro squadre italiane in Champions League, non riuscendo però a centrare l’obbiettivo mondiali. Ovviamente, Ventura ha maggiori responsabilità, avendo influito in maniera decisiva sulla disfatta azzurra. L’allenatore ex Torino ha perso il controllo della situazione, dopo la rovinosa sconfitta contro la Spagna, non sapendo più ritrovare il controllo di una nave sulla via del naufragio. L’ultimo periodo è stato caratterizzato da confusione tattica, continui cambi di moduli e di giocatori, difficoltà nell’affrontare avversari sulla carta molto più deboli, culminate con la surreale partita di San Siro contro la Svezia. Giocare con continui cross dalle fasce contro i giganti svedesi, invece di metterli in difficoltà con una fitta rete di passaggi palla a terra, è stata sicuramente una scelta scellerata. La rapidità e l’estro di giocatori talentuosi come Insigne, El Sharaawy e Bernardeschi, se schierati fin dall’inizio, avrebbero sicuramente messo in difficoltà i rognosi giganti Svedesi. Ad ogni modo, né Tavecchio né Ventura sono scesi in campo. L’ormai ex selezionatore ha sicuramente gran parte delle colpe, le quali vanno tuttavia suddivise con i giocatori che hanno preso parte alla partita. Se imputare qualcosa alla difesa risulta fuori luogo, anche vista la scarsa pericolosità degli avanti svedesi, è doveroso criticare le prestazioni di giocatori come Candreva, il quale non è mai riuscito a saltare l’uomo, mettendo in mezzo all’area traversoni troppo spesso fuori misura. Anche centrocampisti come Verratti, il quale ha saltato il ritorno per squalifica, Parolo, Florenzi, De Rossi e Jorginho avrebbero potuto e dovuto alzare l’asticella della propria prestazione. Infine, il caso più emblematico riguarda gli attaccanti: Immobile, autore di 15 gol in campionato si è mosso poco e male, Belotti sembra ancora il lontano parente del Gallo versione 2016/2017, Gabbiadini ha provato a muoversi tra le linee, ma con scarsa efficacia in zona gol, Eder nello spezzone in cui ha giocato è parso un fantasma. Forse la pressione ha annebbiato la mente e appesantito le gambe di alcuni giocatori, ma il dubbio che non ci sia stato il massimo impegno è un’ombra che si staglia sulla fallimentare campagna tricolore.

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