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Religione o Business, che cosa davvero muove il terrorismo?

I terribili attacchi terroristici che hanno colpito Parigi lo scorso venerdì non possono fare altro che suscitare in noi la massima solidarietà verso il popolo francese: innanzitutto il primo pensiero va ai familiari delle numerosissime vittime degli attentati, che hanno visto la vita dei loro cari spegnersi in un istante sotto i colpi di arma da fuoco e le esplosioni dei kamikaze, in seconda battuta non si può non pensare alla Francia in generale, la cui ferita ancora fresca dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo lo scorso gennaio è stata nuovamente aperta dalla sempre più pericolosa esistenza dell’Isis.

Tutto il mondo ha espresso la propria vicinanza al popolo francese attraverso i social network: alcuni hanno tinto la propria foto profilo con i colori della bandiera di Francia mentre altri hanno espresso il loro cordoglio semplicemente con un post testuale. Nell’immenso mare che rappresenta l’universo multimediale però non sono mancate nemmeno le classiche uscite di cattivo gusto, che dalle vignette di umorismo un pò troppo acido sono sfociate in vere e proprie sfuriate a sfondo razzista verso le persone di cultura islamica. La prima pagina di Libero su cui spiccava l’accezione di “Bastardi Islamici” non ha potuto fare altro che suscitare l’ennesima ondata di polemiche e le immediate reazioni, che comprendono sia una petizione per radiare Maurizio Belpietro dall’Ordine dei Giornalisti, sia la serie di selfie di persone musulmane ritratte con il cartello riportante l’hastag #notinmyname, atti a ribadire chiaramente ancora una volta che l’Islam è una cosa ben diversa dal terrorismo: un culto millenario con un proprio messaggio il primo, una deprecabile serie di atti di immane ferocia, manovrati ora dal fanatismo ideologico ora dai loschi affari, il secondo.

Purtroppo si tende sempre a fare di tutta l’erba un fascio e le reazioni di pancia spesso prevalgono su quelle di testa: la rabbia e l’indignazione, come ci insegnano le grandi tragedie nella nostra letteratura, non fanno altro che far agire impulsivamente in pochi istanti, sfogando nell’immediatezza di un click messaggi ed espressioni che magari, con una riflessione più attenta, si potrebbero evitare. Mi riferisco al classico “Bombardiamoli tutti senza pietà, donne e bambini compresi”, “Sul Medio Oriente solo bombe atomiche” ed altre frasi di indicibile violenza che mi premuro di tralasciare qui, dato che sicuramente saranno state lette, rilette e purtroppo anche sostenute su Facebook.

Premetto subito che la riflessione che state leggendo è mossa soltanto da quello che chi scrive sente ai telegiornali e legge ogni giorno, da cui ha tratto la propria opinione, e non vuole essere un attacco ipercritico alle diverse opinioni altrui; ognuno ha la sua idea ed è libero di pensarla come crede, dato che fino a prova contraria, per quanto malmesso sia il nostro governo, è ancora una democrazia, ma forse il concetto di “libertà di parola”, sacrosanto e da doversi difendere con ogni mezzo, viene troppe volte estrapolato dal proprio contesto per fungere da motivazione a qualsivoglia uscita delirante.

I terroristi (Al Qaeda, Isis o qualsiasi altra frangia estremista) sono criminali che devono pagare per ciò che hanno commesso? Certamente; l’Europa deve restare a guardare mentre questi esaltati la attaccano? Assolutamente no; devono quindi seguire delle azioni politico-militari per contrastare efficacemente il terrorismo di ogni genere? Assolutamente si, ma è qui che arriviamo a quello che ritengo essere il vero e proprio punto della questione: bollare chiunque provenga da un paese di fede islamica come terrorista non è certo una soluzione logica per combattere il terrorismo.

Più volte è stato sottolineato come il messaggio del Corano sia molto distante dall’intento jihadista dell’autoproclamato califfato, tuttavia, sembra sempre che leggere e documentarsi per ragionare sulla questione sia uno sforzo troppo faticoso, molto più facile e comodo è invece lanciarsi in motti semplicistici e guerrafondai da infarcire ancora di più con il gergo e l’iconografia fascista per sentirsi ancora più spietati, dando l’impressione di essere dei grandi guerrieri. Quando si inneggia alla classica violenza generale dello “sterminiamoli tutti”, forse ci si dimentica che la stessa ottica noi Italiani l’abbiamo subita durante la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale, tra alleati e tedeschi, la nostra bella razione di bombe che hanno ucciso uomini donne e bambini innocenti ce la siamo presa anche noi. Quando si afferma che “sul Medio Oriente si dovrebbe solo lanciare delle armi atomiche”, automaticamente si attua un ribaltamento di ruolo che trasforma i ferventi sostenitori in sadici e pressapochisti carnefici, forse giusto per provare quella sadica soddisfazione di interpretare, erroneamente, il ruolo di chi ha il coltello dalla parte del manico.

Sotto tutti questi sfoghi di inutile violenza di cui sono stati tempestati i social lo scorso week end, si cela però il vero e proprio lato oscuro del terrorismo: quello che vede i miliziani di Al Qaeda prima e dell’Isis poi, finanziati dalle grandi potenze mondiali, velate a loro volta dalla maschera di chi vuole lottare in prima linea; indizi che lasciano supporre delle manovre più grandi dietro alla “guerra santa” ce ne sono diversi: il business del petrolio innanzitutto, poiché per quanto si possano odiare gli Arabi, l’oro nero fa sempre molta gola all’Occidente, in seconda battuta il fatto che questi “beduini primitivi” (come li definiscono i razzisti da bar) possiedano armi automatiche quali kalashnikov, ak47, lanciamissili e via dicendo, armi che, per quanto io sia ignorante in botanica, dubito che possano trovarsi spontaneamente fra le rocce dell’Afghanistan e la sabbia dell’Africa, a meno che lì non vengano poste con qualche traffico di armamenti illecito. Altra cosa che mi lascia perplesso: con tutta la tecnologia militare a disposizione degli eserciti (missili intelligenti, droni e quant’altro) come è possibile che questi terroristi si addestrino in veri e propri campi di addestramento, posseggano basi di cui si conosce l’esatta ubicazione dalle quali lanciano i loro messaggi di minacce, ma nonostante ciò riescano ad essere sempre un passo avanti ai loro inseguitori? Ribadisco di parlare da profano, ma trovo parecchio strano che negli edifici obiettivo dei raid aerei ci siano sempre migliaia di civili e, alle volte, qualche terrorista a rimetterci la vita. Altro quesito, forse quello che più mi spinge a supporre che non sia tutta farina del loro sacco, quante volte è capitato che, a seguito di qualche attentato, si venga solo a posteriori a scoprire che il colpevole era già noto ai vari servizi segreti ed in alcuni casi era già stato classificato nei fascicoli come terrorista? La questione appare quindi assai spinosa, sicuramente troppo complessa per poterla riassumere con “ammazziamoli tutti e basta”.

Le azioni militari quindi andrebbero sì intraprese, ma a seguito di una politica internazionale che abbia come principale obiettivo quello di tagliare le gambe all’impero del terrorismo, smettendo prima di tutto di finanziarlo, per poi combattere realmente questa minaccia in maniera efficace. Tolti di mezzo questi mega interessi economici, ecco che i bombardamenti e le azioni belliche andrebbero ora a compiersi contro dei criminali che meritano di pagare per quello che hanno commesso; ogni colpo di fucile, missile o blitz deve però colpire chi davvero se lo merita. Se tutto l’odio riversato su Facebook in direzione “dei musulmani” si indirizzasse invece verso l’ipocrisia delle grandi potenze, ecco che la rete diventerebbe ciò che dovrebbe essere: una piattaforma per la condivisioni di opinioni e di dibattito, ma a conti fatti ora è solo un postribolo impregnato di ignoranza. La realtà allo stato attuale delle cose è una sola: finché si continuerà a sparare alla cieca “nel mucchio”, a rimetterci la vita saranno solo gli innocenti.

Michele Alluigi

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