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CULTURA

RICORDO DI GIANNI AGNELLI : un monarca laico

di Lorenzo Ivaldo.

Il 24 gennaio 2003 moriva Gianni Agnelli : l’avvocato Agnelli come amava farsi chiamare. I suoi funerali furono paragonabili a quelli di un monarca, amato dal suo popolo e stimato dai suoi avversari. Lo stile di vita di Gianni Agnelli è, infatti, paragonabile a quella di un principe di casa regnante.
Su Gianni Agnelli sono stati scritti numerosi libri come è evidente dato il personaggio. Molti di questi, a cominciare di quello di Alan Friedmann “Tutto in famiglia” (ed. Longanesi 1988), si sono lasciati prendere la mano dalle visioni registrate dal buco della serratura, soprattutto della porta del bagno.
L’avv. Gianni Agnelli è stato un uomo di gran classe, che ha onorato il nostro Paese. La sua cultura, la sua eleganza, la sua personalità lo hanno imposto all’attenzione mondiale. Fu anche uomo di umorismo raffinato (anche se , talvolta di feroce cattiveria). Sono famosi alcuni suoi aforismi. Ne ricorderò solo due che mi piacciono particolarmente:
1) Mi sono simpatici gli ecologisti, ma hanno programmi costosi. Non si può essere più verdi delle proprie tasche.
2) Ciriaco De Mita: un intellettuale della Magna Grecia.
Su Zibì Bonieck , grande mezz’ala della Juventus da lui definito “Bello di notte”, Agnelli rispondendo ad un grande giornalista che l’intervistava disse che “…è un polacco ed i polacchi sono un popolo eroico che nella seconda guerra mondiale sul Don gelato attaccarono con gli ussari a cavallo un reparto corazzato tedesco. Nel massacro di uomini e cavalli che ne derivò fu scritta una pagina di fulgido eroismo. Il problema è che i polacchi credevano di poter vincere!!!…”. Sarà perché sono juventino dalla nascita (come tutta la mia famiglia), ma ho sempre amato Gianni Agnelli, anche se invecchiando ho dovuto rivedere molti giudizi su di Lui. Tuttavia io amo ricordarlo come un uomo colto, intelligente, appassionato di calcio dove ha dato il meglio di sé, anche nei suoi giudizi a volte taglienti che io ho sempre condiviso
Gianni Agnelli diventa Presidente della FIAT nel 1966 alla guida di un’impresa in grande sviluppo, che accompagnò, a volte determinandolo il boom economico italiano di quegli anni.
Passata l’espansione economica , negli anni ‘70 , la FIAT sotto la guida di Agnelli entrò in una crisi che nella seconda metà degli anni ‘90 fu sul punto di comprometterne il futuro.
Di Gianni Agnelli imprenditore ricordo alcuni errori che dimostrano che Egli era un uomo di pubbliche relazioni ma non un manager. La sua azienda, sotto la sua presidenza rimase un’azienda organizzata secondo il principi tayloristici che erano stati studiati prima della seconda guerra mondiale per la Ford. La struttura a staff and line (fatta propria dall’esercito americano) prevedeva una prevalenza del lavoro manuale nel ciclo di produzione. Quando la meccanizzazione dei processi produttivi trasferì le misure della produttività dal singolo individuo al complesso industriale, la FIAT rimane ancorata a schemi rigidi che non riuscivano a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica. In FIAT il processo decisionale e produttivo era ancora verticalizzato mentre in Giappone esistevano già da tempo i “circoli di qualità” (in giapponese kaizen “migliore cambiamento”) che rispondevano del prodotto finito.
Nel 1980 Amministratore delegato di FIAT era l’ing. Vittorio Ghidella. Ghidella fu il padre della “UNO”, della THEMA, della DELTA e dell’Alfa 164, (modelli da cui derivò il rilancio FIAT ) ed aveva iniziato a svecchiare la FIAT innovando anche l’organizzazione ed i processi produttivi. Ghidella aveva, anche, cercato di realizzare joint venture con costruttori stranieri, segnatamente con FORD, cosa fortemente osteggiata in FIAT. Lo scontro fra Ghidella troppo “autocentrico” e Romiti che voleva trasformare FIAT in una holding di cui l’auto fosse un solamente un settore, fu vinto da quest’ultimo grazie all’appoggio di Agnelli. Il licenziamento dell’”autocentrico” (parola di Agnelli) Vittorio Ghidella nel 1987, fu un gravissimo errore che sarà riparato solo nel 2004 con la nomina a CEO (chief executive officer) di FIAT di Sergio Merchionne. A sostituire Ghidella fu proprio Romiti (che non era un tecnico, essendosi sempre occupato di contabilità). L’unico commento di Ghidella, all’epoca, fu che “non ci si improvvisa ingegneri a 60 anni. Soltanto vent’anni dopo aver lasciato la FIAT, Ghidella rilasciò un’intervista in cui disse che se i dirigenti FIAT un giorno si fossero nascosti nei bagni e si fossero contemporaneamente tutti impiccati, in FIAT non se ne sarebbe accorto nessuno per molti mesi.
Un altro grande errore Agnelli lo commise da Presidente della CONFINDUSTRIA. Nominato Presidente di Confindustria nel 1974 firmo nel 1975 con Luciano Lama l’accordo sul “punto unico di contingenze” che in un Paese con un tasso di inflazione a due cifre, portò i salari ad essere una variabile economica indipendente, slegata da qualunque parametro di produttività e conseguenza fonte essa stessa di inflazione che esplose fino a che nel 1985 il Governo Craxi modifico, per legge, quell’accordo e l’inflazione tornò sotto il 10%. Un referendum promosso dal PCI il 9.06.1985 sancì la sconfitta di Berlinguer e l’inizio della crisi del Partito Comunista Italiano.
Gianni Agnelli lasciò la FIAT al compimento del 75° anno di età nel 1996. Gli ultimi 7 anni della sua vita furono segnati da lutti terribili quali, nel 1997 la morte, per malattia, di Giovanni Alberto Agnelli figlio di Umberto Agnelli e designato a diventare Presidente FIAT. Il 15 novembre 2000 morì, pare per suicidio, Edoardo Agnelli figlio di Gianni Agnelli e Marella Caracciolo. Questi due lutti provarono fortemente l’avv. Agnelli che poco più di due anni dopo morì.
Il ricordo di quello che ha rappresentato per l’Italia e per gli Italiani non può essere offuscato da un giudizio negativo sulla sua attività imprenditoriale. Quello che va detto è che, forse, la sua voglia di piacere a tutti e di essere apprezzato per le sue innumerevoli doti lo hanno portato ad assecondare decisioni sbagliate in materia di gestione industriale, campo che , probabilmente, non capiva perchè non era il suo mestiere.

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