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CULTURA

Tanti aneddoti dalla Conferenza stampa conclusiva del 50° Festival di Verezzi

di Laura Sergi

Mercoledì 24 agosto, nella sala consigliare di Borgio Verezzi, c’è stata la conferenza stampa di conclusione del 50° Festival teatrale di piazzetta Sant’Agostino: presenti il sindaco Renato Dacquino, il direttore artistico Stefano Delfino e la consigliera delegata al teatro, Maddalena Pizzonia.

È già stato integralmente riportato su questo sito il comunicato stampa distribuito ai giornalisti intervenuti (al quale rimandiamo per un’analisi dettagliata sull’andamento di incassi al botteghino e di affluenza di pubblico), e ci limiteremo pertanto a raccontarvi dell’umore che si è respirato in sala.

Nonostante tanti grafici fossero lì a testimoniare sul bilancio straordinariamente positivo ottenuto quest’estate, in sintonia con una tendenza felice manifestata anche nelle scorse stagioni, mentre il primo cittadino si comporta come chi abbia le spalle larghe e poco tempo ‘da perdere in inesattezze’, Delfino, che apre con un pensiero al terremoto che ha colpito il Paese, è teso per le critiche rivolte alla sua gestione, e avvisa i presenti che il suo discorso non sarà, come siamo abituati, ‘pacato e misurato’. Eppure sono molteplici gli elementi di soddisfazione di cui può vantarsi, primo fra tutti il ritorno dei nomi più importanti della critica nazionale a recensire i vari appuntamenti del Festival. Ora, ad esempio, dichiara di ‘aspettare che L’Espresso esca con il pezzo su Sorelle Materassi’. E poi prende a prestito una frase aggiunta dal regista Luciano Melchionna nel testo di ‘Parenti Serpenti’, con Lello Arena a fine luglio: ‘Non c’è niente di male a far ridere la gente’, per ricordare quanto questa stagione, per suo desiderio, sia stata in massima parte improntata al sorriso, per festeggiare l’importante ricorrenza, avendo cura di variare molto i generi presentati: il dialettale (con la dedica a Gilberto Govi che caratterizza questo Calendario), il filone giallo (con la suspense di Agatha Christie e poi con il ritorno di Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia), l’impegno al sociale (con ‘Padiglione 40’), la risata intelligente (con ‘Parenti Serpenti’, appunto, che pure svela un complotto agghiacciante, ‘Fiore di Cactus’, che termina col lieto fine così come ‘L’inquilina del piano di sopra’). Mancano all’appello ‘Sorelle Materassi’, che il lieto fine purtroppo non lo prevede, e una pièce, la migliore fra gli spettacoli che abbiamo visto (gli altri tre sono: ‘I Manezzi…’, ‘Dieci piccoli indiani…’ e ‘L’inquilina…’) e sulla quale ritorneremo più avanti.

A stagione conclusa, intanto, il direttore artistico ci svela il vero motivo del mancato evento: ‘Ostaggi’ di Angelo Longoni, con Marina Massironi, regia di Matteo Oleotto, che poi ha portato Gaia De Laurentiis e Ugo Dighero a replicare per due sere il loro debutto inizialmente previsto per un unico giorno. Tutto nacque per dei tagli al copione che l’autore non gradì: inizialmente ci si accordò nel considerarlo un ‘libero adattamento’ ma, partite le prove, sul set giunge una lettera legale, e la compagnia è costretta a sciogliersi.

Ancora un aneddoto: Maria Paiato, vincitrice quest’anno del Premio Veretium per la prosa, era già stata indicata un’estate come miglior attrice, ma gli organizzatori non riuscirono a rintracciarla, e il Premio prevede la presenza dell’artista alla premiazione. Sicuramente era destino che il suo nome, visto il risultato ultimo, dovesse comparire nell’Albo dei premiati.

È felice personalmente, Delfino, mentre ricorda con particolare soddisfazione la targa allo scenografo Alessandro Chiti che, dopo quattordici presenze al Festival, a questo punto è l’artista più presente nei 50 anni di Rassegna; e un secondo motivo di soddisfazione lo riversa parlando dei progetti sui quali ha potuto scegliere per costruire il Calendario 2016: ben 310 sul tavolo, di cui uno addirittura da Rosario (Argentina).

Infine, sulle critiche, conclude: ‘Non ti curar di loro, ma guarda e passa’.

E noi prendiamoci, come promesso, ancora un po’ di spazio per la bellissima pièce ‘L’Avaro’ di Molière, in prima nazionale, l’unica che mancava nell’elenco: Alessandro Benvenuti è un Arpagone insolito, non tetro ma infantile, pur sempre egoista e dominatore, bramoso di accumular ricchezza su ricchezza, perché solo il denaro gli può dare la gioia. Nella riscrittura del regista Ugo Chiti, il sunto della trama è rispettato, ma ampio spazio hanno i momenti più divertenti: quando il figlio Cleante crede che il padre gli stia proponendo in moglie l’amata Mariana, e invece gliela sta proponendo quale matrigna; oppure quando Mastro Giacomo è sotto il torchio del padrone e troverà il modo di indicare come ladro il povero Valerio, colpevole solo di amare la stessa donna per la quale anch’egli palpita; o ancora quando Frosina deve ingraziarsi il taccagno, e non indietreggerà di fronte a nulla… Simpatico anche il momento in cui Cleante e Freccia, per allontanarsi dal palco e farvi ritorno, girano fra il pubblico in piazzetta Sant’Agostino

Accanto a Benvenuti, in scena: Gabriele Giaffreda, Lucia Socci, Andrea Costagli, Massimo Salvianti, Dimitri Frosali, Paolo Ciotti, Giuliana Colzi e Desirée Noferini, tra i quali ci piace particolarmente mettere in luce in primis Giaffreda, disinvolto e agile nei panni del maggiordomo Valerio (che deve trovare la forza di adulare il padrone anche quando questi prospetta un matrimonio d’interesse per la figlia), e poi Salvianti, un Commissario eccezionale per le tante gag alla ricerca del colpevole del furto.

Qualche dubbio ci rimane sull’ideazione spazio, ma appropriati i costumi di Giuliana Colzi, così come le luci di Marco Messeri e le musiche di Vanni Cassori e Jonathan Chiti (figlio d’arte).

Se lo spettacolo ritornerà in zona, non perdetevelo! La scena finale dell’avaro che abbraccia la sua cassetta del tesoro, finalmente recuperata, è unica, e solo Benvenuti la può rendere tragica e comica insieme: potrà vivere ancora anni, o un giorno soltanto, ma per le sue scelte si è votato alla morte.

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