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ATTUALITÀ

Una riflessione del direttore di Caritas diocesana don Adolfo Macchioli

Una riflessione del direttore di Caritas diocesana don Adolfo Macchioli sulla Pasqua e sulle tante persone che in questo periodo affrontano ogni tipo di difficoltà, a partire dalle popolazioni del centro Italia, colpite dal terremoto: “In questi giorni siamo stati nelle Marche a supportare le Caritas locali nel loro lavoro di accompagnamento delle popolazioni colpite dal terremoto. Sono ancora molti gli sfollati sulle coste: circa 9000. Abbiamo girato per paesi fantasma, cittadine con il centro chiuso per inagibilità, intere valli con poche decine di abitanti rimaste. Nei volti delle persone che abitano in quella Regione lo spaesamento per un futuro incerto, la consapevolezza di aver perso sicurezza e stabilità, la preoccupazione per un domani che diventa sempre più un oggi. Siamo lì, con nostri volontari e operatori, insieme ad altre tre Delegazioni regionali (Piemonte, Emilia Romagna, Calabria), per stare accanto, per capire, per provare a mettere su una piccola pietra sulla quale provare a dare solidità, una risposta. Tornando pensavo alle nostre preoccupazioni, a ciò che emerge dai nostri Centri di Ascolto, ai molti fronti che abbiamo aperto in questi anni per condividere una strada, per non lasciare indietro e solo chi è nel bisogno … Chi ha perso il lavoro; chi non ha più una famiglia su cui fare affidamento; chi non ha più casa o sa che a breve la perderà; chi fatica ad arrivare a fine mese, a fare due pasti al giorno, a pagare i libri ai figli; chi arriva da una situazione peggiore nel proprio Paese in cerca di qualcosa che non otterrà così facilmente; chi è vittima di violenza, fisica, sessuale, verbale; chi si affida a sostanze di ogni tipo (alcool, droga, farmaci) pur di non vivere il reale; chi è così imbruttito dalla vita che non sa più relazionarsi con gli altri; chi è anziano senza legami; chi è “minore” senza adulti che lo sappiano accompagnare; chi ha rinunciato alla propria dignità pur di sopravvivere … A volte non importa se il peso da portare, la fragilità da condividere, il dolore incontrato è vicino o lontano da noi: a volte il peso sembra davvero tanto, forse troppo. Ripenso allora quanto ci ha suggerito il nostro vescovo Calogero Marino al Santuario: “Si tratta allora di riscoprire l’attitudine della resilienza: che la crisi diventi il tempo di un nuovo inizio… Vi chiedo oggi, in questo luogo di grazia, di scegliere con coraggio di appartenere a questa umanità resiliente!” Per il cristiano non si tratta di tirare fuori un nuovo slogan, una nuova tecnica pedagogica o una nuova virtù in cui eccellere. Si tratta piuttosto di riscoprire la nostra esistenza di “risorti”, di oggetto dell’amore di Dio che è Risurrezione e vita. Dice padre Ermes Ronchi: “«Io sono la risurrezione e la vita». Prima viene la Risurrezione e poi la Vita. Noi siamo già risorti nel Signore; risorti da tutte le vite spente e immobili, risorti dal non senso e dal disamore, che sono la malattia mortale dell’uomo. Prima viene questa liberazione, e da qui una vita capace di superare la morte. Risuscitati perché amati: il vero nemico della morte non è la vita, ma l’amore”. È questa consapevolezza che ci rende capaci di una reale resilienza: la consapevolezza che agli occhi di Dio siamo dei risorti e amati in quanto tali. Questa fiducia di base che Dio ha verso di noi ci permette di condividere la nostra vita e quella dei fratelli, qualunque essa sia. Il mondo l’ha slavato il Signore: noi condividiamo il cammino e ne portiamo il peso per quello che ne siamo capaci. Coraggio! Il Signore è veramente Risorto! Buona Pasqua.

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