25 aprile 1945, i due Marò della San Marco, lontani dal loro reparto, cercavano di allontanarsi da Arquata Scrivia, per rientrare a Brescia, dove si erano arruolati, quando incapparono in un drappello di partigiani che rastrellavano la zona.
I due repubblichini avevano già da tempo sostituito le loro riconoscibilissime uniformi con abiti civili, ma quello che li aveva traditi agli occhi della pattuglia partigiana erano le calzature, chiaramente di foggia militare, pertanto vennero immediatamente identificati e presi.
I due ragazzi erano disperati , sapevano benissimo quello che li aspettava: una bella raffica contro qualche muro e tanti saluti. Ma la fortuna talvolta è ballerina.
Dall’altra parte del paese appenninico, si udirono dei colpi d’arma da fuoco e il grosso della banda allarmata si avviò di corsa verso la fonte delle detonazioni, affidando la coppia dei prigionieri ad un unico partigiano dal soprannome bellicoso, un tipo tarchiato, all’apparenza non molto sveglio, con i capelli impomatati e con un MAB tra le mani, un’arma temibile che impugnava con evidente sicurezza.
Per i due non c’era alcuna possibilità di fuga. Ad uno dei due balenò in testa un’idea, disse all’uomo armato: portaci a quella trattoria, devo andare in bagno, ti assicuro che non tenteremo di fuggire. Il partigiano acconsentì a lasciare entrare i due Marò nell’osteria, ma era diffidente, mai fidarsi di un fascista e volle come garanzia l’impermeabile in gabardina di uno dei due.
Era uno splendido trench con la cintura in vita, un capo che vestito ti faceva un figurone, in perfetto stile Humprhey Bogart, su cui aveva già messo gli occhi sopra da qualche minuto e che progettava di “requisire” appena giustiziati i due fascisti.
Il Marò consegnò subito l’impermeabile al partigiano, che lo indossò pavoneggiandosi davanti alla porta a vetri dell’osteria. I due prigionieri entrarono e raggiunsero il locale del bagno, ma non per orinare; aprirono la finestra che dava sul retro e si buttarono su per il terrapieno che conduceva verso il bosco e dopo pochi minuti erano già spariti tra le fronde.
Il partigiano con il trench, dopo una decina di minuti entrò nell’osteria e non gli ci volle molto per capire di essere stato fregato.
Ogni ricerca dei due fu vana, i due erano come svaniti nel nulla.
Da quel lontano giorno, ogni 25 aprile, per molti anni, arrivò presso quella osteria una cartolina da Brescia con su scritto: “ tieni da conto il nostro impermeabile che prima o poi torniamo a riprendercelo”.
Proprio in questo momento in cui scrivo, sabato 15 aprile, 16,15, a “Rai Storia”, viene riproposta una trasmissione di qualche anno fa sulla prigionia dei soldati italiani catturti dai tedeschi dopo l’8 settembre ed internati in campi di concentramento in Polonia e nel Nord della Germania, una delle tante pagine di sofferenza della Seconda guerra mondiale, che hanno riguardato anche militari della RSI, beninteso! A tanti di quei militari non andò bene come ai due San Marco che, magari, anzi senz’altro, pedine in un gioco più grande di loro, forse volevano ritornarsene a casa e lasciarsi alle spalle il passato. Però non è che i “Repubblichini” fossero tutti dei buontemponi che in fin dei conti, anche se stavano coi tedeschi, non avessero in fin dei conti fato granchè ed è anmche vero che i partigiani non erano tutti dei fessi, a dir poco, che non aspettavano altro che di prendersi gli impermeabili stile “Bogart” che indossavano i San Marco che volevano scappare oppure ritornarsene semplicemente a casa. La Storia ci ha insegnato diversamente. Poi, si sa, le cose sono sempre complesse e gli avvenimenti, a volte, contraddittori! Spero, anzi, sono convinto, che il collega collaboratore Nicolick lo pensi anche lui!
Giorgio Siri