Alessandro Scolaro , SCRITTORE

 

PREFAZIONE

Nella premessa del poeta Alessandro Scolaro si legge chiaramente la volontà di creare una nuova poetica e come lui stesso afferma: “ potente da poter cambiare la rotta in questo secolo sconquassato” Emblematico il titolo “La rosa che brucia” in cui si riscontra immediatamente la metafora della distruzione della bellezza, ma al tempo stesso l’ardore verso la vita e l’inquietudine dei giovani che stentano ad affermarsi e trovare un proprio equilibrio in questa società tecnocratica che non lascia spazio alle emozioni. Ecco che il poeta suddivide l’opera in tre parti, di cui: nella prima sezione “cuore sintetico” si parla di amore tossico, di un falso amore, di come una persona può lottare per un rapporto che solo all’apparenza sembra essere corrisposto.
Nella seconda sezione “chiamata alle arti” si parla di lottare per un parnaso perduto, di riunire tutti gli artisti soprattutto i poeti per lottare contro una società in declino. E’ una lotta esteriore
Nella terza sezione “ego in collisione” parla di una rinascita, è una lotta interna e soggettiva, un ritorno ai sentimenti e all’empatia. In questa raccolta poetica troviamo delle innovazioni sia sul piano strutturale, lessicale, che su quello sintattico e metrico.
Si percepisce l’influenza di poeti come Ungaretti, Montale e di poeti russi: Majakovskij, A. Puškin. La poesia per il giovane poeta ha un’importanza assoluta, non è solo scrivere belle frasi d’amore, ma c’è una ricerca di una tensione interiore, quasi onirica, un modo del poeta di guardarsi intorno e come un artista captare le emozioni più vere e trasformarle in poesia pura, universale che tocca le corde del cuore. Ma non è forse di questo che oggi l’uomo più che mai ha necessità di cibarsi? “ Brucia rosa!/ Brucia/Torcia impetuosa/ Riscalda l gelido animo del guerriero.” Componimento breve, ma di una potenza incredibile, criptato, eppure di una bellezza ineguagliabile, ove “ la torcia impetuosa” che è la fiamma della vita riscalda un cuore ormai spento, privo d’amore, di un’anima comunque che non si arrende mai dinnanzi ad alcuna difficoltà, ma al contrario sa andare avanti con fierezza e determinazione.

 

BIOGRAFIA

Alessandro Scolaro è nato a Messina e vive a Milazzo. Ha frequentato il liceo classico e ha conseguito la laurea triennale in Scienze dell’Amministrazione e dello Sviluppo Economico del dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Messina ed attualmente sta per conseguire la laurea Magistrale in Economia. Ha anche partecipato a vari concorsi di poesia , su riviste anche straniere e ha avuto anche dei riconoscimenti. Ha conseguito varie specializzazioni nel suo campo e sin da piccolo è appassionato di poesie e letteratura, ama leggere soprattutto i poeti ermetici e i poeti russi.

 

INTERVISTA ALL’ AUTORE

 

 Un brillante giovane poeta. Perché scrivere poesie nel 2025?

Scrivere poesie e’ un grande impegno e una grande responsabilità in quanto la poesia in poche parole riesce a dare dei grandi messaggi. Abbiamo avuto grandi poeti che ci hanno lasciato un bagaglio importante di parole. Sfatiamo il mito che i giovani non si occupano di poesia e letteratura e diciamo che ce ne sono tanti e pure io nonostante dopo il liceo classico, mi sia dedicato a studi che poco hanno a che fare con la poesia, la passione per essa l’ho sempre avuta e mantenuta e scrivere poesie oggi, in un mondo, secondo me, dettato più dalla logica materialistica che dalle emozioni è importante perché ci permette di cogliere il mondo con le lenti dell’ empatia.

 

La sua poesia come nasce?

Nasce da un bisogno di esternare le mie emozioni e la mia percezione di ciò che mi circonda. Nasce da un ispirazione dovuta a un momento particolare della nostra vita, nasce dagli incontri e scontri con le persone, nasce da una musica, da un paesaggio, nasce come esigenza di guardarsi dentro ed esplorare ogni parte sottaciuta del nostro Io.

 

 Quanto serve la poesia, come la sua, di denuncia in questo periodo storico?

Serve a far riflettere, senza accusare, bisogna saperla leggere. Le mie parole al contrario vogliono indurre chi legge a riflettere sulla nostra umanità, sul nostro essere accoglienti e rispettosi. Certo viviamo in un mondo in cui la tecnologia ha cambiato la nostra esistenza, per certi aspetti l’ha migliorata, ma l’uomo deve farne buon uso e non confondere il reale con quello che non lo è, non deve essere dominato dalle macchine ma governare la tecnologia. Assisteremo alla probabile realizzazione del transumanesimo, l’uomo-macchina, è un processo che potrebbe accadere tra non molti anni e mi preme ribadire il concetto di restare umani nonostante tutto.

 

Il papa ha scritto giorni fa che i poeti devono farsi sentire e alzare la voce..cosa ne pensa?

Che ha perfettamente ragione, oggi più che mai si ha bisogno di poesia, di educazione alle emozioni. E’ il momento dei poeti e degli artisti tutti di scendere in campo e creare, come dico anche nel mio libro, una poetica nuova capace di far cambiar rotta a questo secolo sconcuassato.

 

 La poesia come concetto di vita, come linfa vitale o come cura…lei come la vede?

La poesia ha una funzione terapeutica . Lo slogan “ la bellezza salverà il mondo o l’arte salverà il mondo o la poesia salverà il mondo “ hanno il dono di infondere speranza, ma detto così è anche banale, certo che la bellezza aiuta a salvare il mondo, ma dipende quale bellezza, ciò che è certo è che il bello e le arti sortiscano del bene all’unanimità in virtù di cambiare in meglio l’essere umano e il mondo. Ricavare dalla parola, dai silenzi e dai gesti, le loro proprietà farmacologiche: anche questo fa o dovrebbe fare il “poetaterapeuta”. Come la parola può agire al pari di un farmaco lo spiega in modo chiarissimo il neuroscienziato Fabrizio Benedetti, uno dei massimi studiosi dell’effetto placebo:
“Oggi la scienza ci dice che le parole sono delle potenti frecce che colpiscono precisi bersagli nel cervello, e questi bersagli sono gli stessi dei farmaci che la medicina usa nella routine clinica. Le parole innescano gli stessi meccanismi dei farmaci, e in questo modo si trasformano da suoni e simboli astratti in vere e proprie armi che modificano il cervello e il corpo di chi soffre. È questo il concetto chiave che sta emergendo, e recenti scoperte lo dimostrano: le parole attivano le stesse vie biochimiche di farmaci come la morfina e l’aspirina.”
Benedetti però, nella relazione tenuta al Festival internazionale di Poesiaterapia, rispetto a quanto espresso nel suo libro “La speranza è un farmaco. Come le parole possono vincere la malattia”, ha giustamente affiancato alla parola vittoriosa, la parola tossica: vale a dire ad esempio quella insensibile, apatica, scientifico-tecnocratica, istituzionalizzata, che spesso adotta il medico nel comunicare al paziente (o ai suoi familiari) patologie, stati degenerativi della malattia, talvolta anche la morte imminente; oppure parole tossiche come lo sono tutte quelle che generano nei pazienti nuovi blocchi emotivi e psicologici o ne aggravano di già preesistenti. Le sostanze, il farmacista la sa, possono trasformarsi in veleno o medicina, a seconda della dose. Tossiche al giorno d’oggi sono molte relazioni, dove un soggetto con personalità narcisistica è in grado di manipolare e fare del male con gesti, conportamenti ma anche con soltanto le parole. E’ anche di questo che parla il mio libro, soprattutto nella prima sezione.

 

 Poesia e tecnologia. Vediamo spesso nei post sui social parlare o scrivere di poesia.
Ma quanta Poesia c’è nella vita delle persone secondo lei?

Non tutti siamo poeti e definirsi tali è una grande responsabilità, neppure io mi ritengo Poeta, ho sentito il bisogno di comunicare in versi qualcosa di importante per me di far riflettere, sui social tutti scriviamo e tutti ci consideriamo portatori di grande verità. Diciamo meglio che i social sono un grande mezzo di comunicazione, nel senso che ci consentono di esprimere velocemente a tutti i nostri pensieri, ma non tutti possiamo definirci dei Dante Alighieri, diciamo che proviamo a dare forma poetica si nostri sentimenti. E anche vero che ci sono molti ragazzi che grazie al Poetry Slam fanno poesia sia dal vivo ma sopratutto nei social, è questo è un bene! significa che la poesia non è morta ma sta cambiando solamente forma!

 

Progetti futuri

ho intenzione di scrivere ancora, ho in mente due libri: il primo sulle ferite del cuore e il secondo, un po’ più complesso, in prosa e versi su un mondo distopico e iper-tecnologico

 

Dove troviamo il libro che ricordiamo essere il primo nato.

Su tutte le librerie on line, è il mio primo nato, ma non l’ultimo. Mi impegnerò a fare meglio e magari ad affrontare altre tematiche che riguardano la generazione dei Millennials e di quelle precedenti. Siamo noi giovani che dobbiamo comunicare al mondo i nostri disagi e le nostre emozioni con un linguaggio nuovo e diretto.

 

Di Manuela Montemezzani

 

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