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APPUNTI E DISAPPUNTI

di Lorenzo Ivaldo

Tra le roboanti promesse di alcune forze politiche, vere e proprie favole elettorali capaci solo di épater les bourgeois, c’è l’introduzione in Italia del sistema tributario basato sulla cosiddetta “flat tax” (imposta fissa). Si tratta, secondo quello che dicono coloro che propongono questo sistema di abolire gli scaglioni di reddito ai quali si applicano diverse percentuali di imposizione e definire un’unica imposta da applicare ai redditi delle persone, oggi sottoposti ad IRPEF.

Chi ha fatto uno studio approfondito sulla flat tax è l’Istituto Bruno Leoni di Milano [ nato nel 2003 per promuovere le “idee per il libero mercato”] il quale ha formulato un’analisi critica della due proposte oggi prevalenti (quella della Lega e quella di Forza Italia). Cerchiamo di capirne un po’ di più.

Oggi il sistema dell’IRPEF italiana è organizzato per fasce di reddito come segue:

Reddito imponibile

Aliquota

Imposta totale dovuta

1- Fino a 15.000

23%

23% sul reddito = 3.450

2 – Da 15.001 a 28.000

27%

3.450,00 + 27% oltre 15.000€ = 6.960

3 – Da 28.001 a 55.000

38%

6.960,00 + 38% oltre 55.000€ = 17.220

4 – Da 55.001 a 75.000

41%

17.220,00+ 41% oltre 75.000€ = 25.420

5 – Oltre 75.000 €

43%

25.420,00 + 43% oltre 75.000€ = 430 ogni 1000€

Se si introduce la “flat tax” con aliquota fissa 23% i contribuenti potrebbero realizzare i seguenti risparmi :

Reddito imponibile

Imposta dovuta

Risparmio rispetto alla situazione attuale

1) Fino a 15.000

23%

3.450

=

2) Fino a 28.000

23%

6.440

520

3) Fino a 55.000

23%

12.650

4.570

3) Fino a 75.000

23%

17.250

8.170

4) Fino a 100.000

23%

23.000

13.170

Come si vede con l’introduzione della “flat tax” (con aliquota 23% come proposto da Berlusconi) per i contribuenti i risparmi aumentano (esponenzialmente) con l’aumentare dei redditi. Tuttavia non è pensabile che quelli che guadagnano 15.000€ lordi all’anno (cioè 800€ al mese) non abbiano nessun beneficio rispetto a quelli che guadagnano 4.000€ netti al mese, che risparmierebbero 1.000€ ogni mese. Questo sarebbe un comportamento degno dello sceriffo di Nottingham. Senza volere essere Robin Hood, in tutti i sistemi fiscali (anche i più iniqui) esiste una “no tax area” che tuteli, almeno in parte, i redditi più bassi. Come si vede, anche intuitivamente, dalla introduzione della “flat tax” deriverà una perdita di gettito, anche notevole, che può essere compensata, nel breve periodo, o con un aumento del debito, oppure con un implemento delle imposte indirette, specie quelle sui consumi. Per cui, i tecnici dell’Istituto Leoni prevedono, tra gli altri, un aumento dell’IVA al 25%. Anche il Presidente degli Stati Uniti Reagan diceva che, abbassando le tasse, il gettito delle imposte sarebbe aumentato, perché pagando meno sarebbe diminuita l’evasione e sarebbe incrementata l’economia. In realtà per i primi anni si dovettero accorgere che non era così: aumentava soltanto il debito! Poi a seguito di massicci incentivi all’economia (ricordiamo tutti gli incentivi per lo sviluppo della Silicon Valley), l’ ”effetto Laffer” (aumento delle entrate tributarie a seguito dell’aumento della platea dei contribuenti) si verificò verso la fine degli otto anni di presidenza Reagan. Noi con il nostro debito pubblico non possiamo permetterci di diminuire le entrare di circa 40/50 miliardi per alcuni anni in attesa dell’ “effetto Laffer”. Infatti a qualcuno dei promotori della flat tax è sfuggito che le minori entrate sarebbero compensate con l’abolizione di molte uscite per le detrazioni annue per spese varie da quelle sanitarie, a quelle scolastiche, ecc.. Infine c’è una cosa che alcuni autorevolissimi costituzionali hanno segnalato a ”Il Sole 24 ore”: la flat tax è incostituzionale!

Infatti l’at. 53 della Costituzione attualmente in vigore recita, testualmente: “… Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività…”. Quindi prima di introdurre la flat tax bisogna cambiare la Costituzione, che non è cosa semplice visto che l’art. 138 prevede una maggioranza dei 2/3 per approvare, in sede parlamentare, il testo di modifica. Altrimenti bisogna ricorrere al referendum costituzionale. In tutto con oltre due anni di procedure che non sono un tempo compatibile con i tempi della prossima legislatura.

Concludendo: prima di andare a votare occorre chiederci se l’introduzione della flat tax sia una promessa o una minaccia!

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