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APPUNTI E DISAPPUNTI

1°) In Italia la scorsa settimana è successa una cosa che, pur essendo largamente prevista, ha fornito un elemento di discussione per oltre una settimana: Matteo Renzi, insieme con 40 parlamentari, è uscito dal Partito Democratico ed ha formato un nuovo soggetto politico dal nome (provvisorio) di “Italia viva”. Un giornalista giapponese pare che abbia detto a Renzi che Italia Viva si traduce in giapponese in “Italia Banzai”. “Banzai” era il grido di guerra dei piloti suicidi, i “kamikaze”. Ovviamente non so se sia vero, ma mi sembra appropriato alla circostanza. “Italia Viva” parteciperà al Governo Conte bis, con due Ministri ed un Sottosegretario i quali sono: – Teresa Bellanova: Ministro delle politiche agricole; – Elena Bonetti: Ministro delle pari opportunità; – Ivan Scalfarotto: Sottosegretario al Ministero degli Esteri e della Cooperazione. Renzi ha giustificato la propria decisione con la dichiarazione di essere sempre stato considerato, all’interno del PD, come un corpo estraneo, con costante fuoco amico durante la sua esperienza di governo. A conferma della buona ragione di Renzi, nella riunione di Direzione Nazionale del PD, di pochi giorni or sono, il segretario Zingaretti ha proposto una segreteria unitaria, con l’ingresso, in questo organismo di partito, anche rappresentanti della minoranza uscita dal Congresso. I sondaggi del lunedì de “La 7” hanno testato per la prima volta “Italia viva” stimandola al 5,4% che è un risultato che potrebbe essere interessante se non fosse per il fatto che questo risultato è ottenuto pescando il 2,8% al PD, circa 1% a Forza Italia, un altro 1% a + Europa ed il restante zero virgola da elettori di centro. Ricordo che quando ho incominciato ad occuparmi di politica (circa 60 anni fa) nella prima repubblica, il sistema elettorale era proporzionale e vi era il Partito Repubblicano Italiano – PRI che oscillava fra percentuali da 1,5% e il 3%. Il PRI, malgrado le percentuali di voti così ridotte, riuscì ad ottenere nel 1981 che il proprio segretario, il Senatore Giovanni Spadolini, diventasse Presidenza del Consiglio dei Ministri in un governo di coalizione quadripartito. Quel governo durò circa 420 giorni, dal giugno 1981 al 1982. Renzi ha sicuramente conosciute queste cose attraverso i libri di storia, non potendole ricordare, perché, essendo nato nel 1975, ai tempi di Spadolini era un “lupetto” [nome che assumono i bambini piccoli che sono iscritti al movimento dei boys scout ]. Non vorrei che Renzi credesse nella metempsicosi e pensasse di essere la reincarnazione di Spadolini (che era toscano come Renzi ): sarebbe un dramma, come lo è stata la sconfitta al referendum del dicembre 2016. Anche perché Matteo Renzi non ha nè il fisico nè altre qualità di Spadolini!
2°) Ieri 24 settembre 2019, la Corte Suprema britannica ha deciso che la proroga della chiusura estiva dei lavori della Camere, voluta dal premier Boris Johnson, per arrivare senza ulteriori intralci alla Brexit, è illegittima. Già oggi le Camere inglesi si sono riunite (con grande gioia dello Speaker John Berkow), anticipando di tre settimane il 14 ottobre data prevista da Johnson per la ripresa dei lavori. La Corte ha deciso all’unanimità che “… Il consiglio del Primo Ministro a sua maestà era illegale, nullo e senza effetto. La proroga era anche illegale, nulla e senza effetto. Il Parlamento non è stato prorogato…“. In conseguenza di questa decisione la vita parlamentare del premier inglese si è fatta più difficile perché non ha più maggioranza all’interno della Camera dei Comuni. Johnson è, oggi, in balia delle decisioni dell’opposizione ed il Partito Laburista di Jeremy Corbyn ha deciso di votare per la convocazione di un altro referendum entro sei mesi, in caso di vittoria dei Laburisti dopo le elezioni anticipate che la Camera dovrebbe convocare entro il corrente anno. In ogni caso la Brexit dovrà essere rinviata sine die. Complimenti anche a Boris Johnson!
3°) La speaker della Camera Nancy Pelosi, ieri 24 settembre, ha annunciato la messa in stato di accusa del presidente degli Stati Uniti per le sue pressioni sul leader ucraino Zelensky. Trump ha immediatamente twittato: “…Questa è una caccia alle streghe…”. Tuttavia, non credo che Trump corra dei rischi al riguardo perché la procedura di impeachment è assai complicata. Intanto occorre la maggioranza della Camera dei rappresentanti: su 435 membri i democratici sono 193, mancano, quindi, 25 voti (che dovrebbero essere trovati fra i repubblicani). Ammesso che i democratici riuscissero a trovare la maggioranza nella Camera dei rappresentanti, la pratica dovrebbe passare al Senato dove l’impeachement dovrebbe essere deciso con i voti a favore dei 2/3 dei Senatori, i quali essendo 100, dovrebbero votare in numero di 66 a favore della condanna di Trump. Come vedete i numeri non sono favorevoli alla tesi di Nancy Pelosi. Siccome credo i politici (anche quelli americani) siano almeno intelligenti quanto me, mi viene da chiedermi perché fanno certe battaglie che sono perdute in partenza. Ne concludo che l’obbiettivo non sia l’impeachmente di Trump bensì, un indebolimento della candidatura di Trump nella prossima campagna elettorale. Sperando che un buon numero di elettori possano essere dissuasi, dal votare Trump e stando molto attenti a non sbagliare i toni e non farlo sembrare una vittima!
(Lorenzo Ivaldo)

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