Borgio Verezzi: “In & Out – Impronte di donne”

Al via nelle Grotte di Borgio Verezzi

IN & OUT “IMPRONTE DI DONNE” Con DEBORA CAPRIOGLIO in

NON FUI GENTILE, FUI GENTILESCHI

Venerdì 23 maggio parte la rassegna “In & Out – Impronte di donne” che, in attesa della 59a edizione del Festival Teatrale di Borgio Verezzi, proporrà nello scenario unico delle Grotte del Valdemino cinque spettacoli dedicati all’identità femminile, per  celebrare il potere creativo delle donne attraverso la rivisitazione in chiave contemporanea di figure storiche o letterarie a volte dimenticate oppure fraintese.

Il programma si apre con Debora Caprioglio in “Non fui gentile, fui Gentileschi”, un omaggio alla celebre pittrice scritto da Roberto D’Alessandro, che firma anche la regia, e da Federico Valdi, con scene e costumi di Roda.

La scena si apre nello studio di Artemisia, dove la vediamo intenta a fare quello che di più ha amato fare nella vita: dipingere. Ci parla e ci racconta di sé, della sua vita a partire dall’infanzia. La perdita della madre, la vita di una bambina nella Roma del seicento. Artemisia capisce da subito quanto è difficile vivere in un mondo di uomini. Eppure, è in questo mondo di uomini che il padre, Orazio Gentileschi, la avvia ad un mestiere in cui le donne non erano nemmeno contemplate, la pittura. Presto lei si distinguerà rispetto ai fratelli, animata da una passione che la tiene ore ed ore davanti alla tela per disegnare un viso fino a quando non ne coglie la somiglianza. Il padre la presenterà ai più grandi artisti del suo tempo, addirittura a Caravaggio, e la affida all’amico Agostino Tassi perché migliori nell’arte. Ma il Tassi un giorno abusa di lei. Questo trauma e il processo che ne è derivato, voluto da Agostino, segnano profondamente la vita artistica di Artemisia. Tutto quello che ne consegue e tutto quello che lei ha compiuto per affrancarsi e affermarsi la rendono una figura di riferimento nella storia della lotta delle donne per la conquista dei propri diritti.

La pittura di Artemisia è potentemente drammatica. Lo stile è quello caravaggesco, con forti chiaroscuri, e il raggio di luce rivelatore che nel caso della Gentileschi non rappresenta la grazia di Dio, ma la giustizia divina che si abbatte su Oloferne per mano di Giuditta o che condanna i vecchioni pronti ad importunare la povera Susanna. L’interpretazione di Debora Caprioglio ci accompagna con passione nel racconto, ci mostra le sue tele, ce ne spiega la ragione, le circostanze da cui sono nate. Ci racconta i suoi trionfi, le sue sconfitte e la lotta contro un sistema che la vorrebbe a casa ai fornelli, ad accudire la figlia.  Ma lei è la Pittura, come ci dice nell’allegoria che ne fa con un suo autoritratto: non può fare altro che dipingere. Ci racconterà tutto, scenderà nell’abisso della violenza subita e salirà nel paradiso dell’Arte.

Il prossimo appuntamento in grotta sarà venerdì 30 maggio, con un omaggio alla scultrice Camille Claudel, “Moi” di Chiara Pasetti con Lisa Galantini, per la regia di Alberto Giusta.

 

Grotte di Borgio Verezzi (Via Battorezza 5 – ore 21.30)

Biglietti: intero € 20,00 – ridotto € 18,00

Per prenotazioni: biglietteria@comuneborgioverezzi.it

www.festivalverezzi.it

 

Fonte:

Ufficio stampa

Marzia Spanu

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Voglio dire la mia, a commento di questo spettacolo, che peraltro sarà sicuramente interessante, ma quando si legge, nel comunicato,  che la pittura era un mestiere in cui le donne “non erano nemmeno contemplate“, non si può continuare a tacere! Si dica ciò che si vuole, si sottolinei il sessismo, le disuguagliaze di genere, con tutte le loro implicazioni sociali, storiche, psicologiche, si continui ad evidenziare la difficoltà femminile ricorrente a raggiungere la parità, pure si ritorni sulla triste vicenda personale di Artemisia Gentileschi -che non pregiudicò  in ogni caso il suo successo e la sua bravura – anche ad esempio di lotta per l’affermazione dei diritti della donna, ma si finisca di ripetere con tanta sicumera, e con l’ostinazione di rifiutare di sapere, la “bugia ripetuta cento volte” che finisce col diventare verità! Non è vero che l’Arte e soprattutto la pittura, erano precluse alle donne: Lavinia Fontana(1552-1614), Sofonisba Anguissola (1532-1625), Fede Gallizia (1578-1630), Elisabetta Sirani (1638-1665), Ginevra Cantofoli(1618-1672) – che fu sospettata, e comunque scagionata, d’aver avvelenato la Sirani, di cui era allieva – Suor Orsola Maria Caccia (1596-1676), Giovanna Garzoni (1600-1670), sono alcune, e le più famose, e limitandoci alle italiane, donne che esercitarono il mestiere della pittura e furono considerate, apprezzate e venne loro tributato il meritato successo per la loro capacità! E qualcuna prima ancora di Artemisia Gentileschi (1593-1653)! Certo furono meno degli uomini che facevano lo stesso lavoro ma sarebbe interessante capire quando e perchè finirono nel “dimenticatoio” – per il grande pubblico non per gli studiosi – ma questa è un’altra storia, che ci riserverebbe, forse, delle sorprese!- Giorgio Siri