Flotilla, la rabbia e l’impotenza

L’encomiabile iniziativa della global flotilla e l’arresto illegittimo in acque internazionali dei suoi partecipanti da parte delle autorità israeliane, ha innescato la miccia di un profluvio di manifestazioni di protesta, soprattutto nel nostro Paese. Questi moti popolari non sono che la punta dell’iceberg di un sentimento di rabbia che ribolliva da tempo, a sua volta figlio di una percezione di impotenza. In quest’ottica, la tragedia di Gaza ( di cui nessuno mette in dubbio la natura di sterminio inaccettabile), appare come il catalizzatore ( del tutto condivisibile) di un senso di ingiustizia diffuso in larghi strati della popolazione. Come tutte le rabbie, anch’essa non è completamente obbiettiva ( non estendendosi ad esempio anche all’atroce “Pogrom “del 7 ottobre e allla deprecabile condizione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas). Nasce, come poc’anzi accennnavo, anche nella sua tetragonia, da una sensazione di impotenza, causata dall’impossibilità di interferire su un corso della Storia divenuto odioso per la sua carica di violenza e di arbitrarietà, ispirata alla più volte stigmatizzata “legge del più forte”.
A fronte di un sedicente “Piano di Pace” ( giustamente definito ” semilavorato”), promosso dai due autarchi Trump e Netanyau, nell’ambito del quale non c’è alcuna traccia di un esplicito riconoscimento di uno Stato di Palestina, come al cospetto di qualsiasi altra forma di unilateralismo politico, giovani e meno giovani reagiscono con un sommovimento generale, all’insegna di una ribellione ” tout court”, che prescinde da un’effettiva fiducia sui suoi effettivi risultati.
Anche per quel che riguarda le questioni nostrane, assistiamo a una divaricazione tra i due piani della rappresentanza politica e sociale. In altre parole, un popolo progressista orfano ormai di validi referenti istituzionali, decide di farsi esso stesso ( auto) referente, ribellandosi in questo modo non solo ai tradizionali avversari conservatori, ma anche a quelli ( vedi gli esponenti dell’opposizione), che per insipienza, litigiosità e assenza di leadership, appaiono immeritevoli di garantirgli adeguato supporto politico.
C’è comunque da augurarsi ( come d’altra parte è successo nei risalenti anni della guerra del Vietnam), che questa foga popolare, lungi dal degenerare in cieca violenza, possa invece assurgere a vero e proprio soggetto sociale, capace di scuotere la coscienza narcotizzata di chi da tempo, di fronte a ingiustizie endemiche, si è rifugiato nella ” turris eburnea” di un nichilismo ignavo e fatalista.
Fabrizio Uberto.