“Generazione Z”: combattere l’abbandono sportivo con l’empatia e comunicando nei modi giusti

Ieri sera, presso la Sala Mostre della Provincia di Savona, si è tenuto il convegno “Come comunicare efficacemente con la generazione Z”. L’evento è stato organizzato dalla Scuola Regionale dello Sport Coni Liguria con la collaborazione dell’Ordine dei giornalisti. I due enti promotori sintetizzano al meglio i temi al centro degli interventi: lo sport, come elemento fondamentale per la crescita umana dei giovani, e la comunicazione, strumento imprescindibile per far sì che le società sportive riescano a coinvolgere il maggior numero di persone.

I lavori sono stati aperti da Roberto Pizzorno, delegato provinciale del CONI di Savona e giornalista, che ha presentato gli ospiti e gli interventi. La “palla” è poi metaforicamente passata  a Paolo Ghione, direttore della sezione sportiva Yacht Club de Monaco, e Roberto Valle, coordinatore tecnico regionale del CONI Liguria, che hanno fornito una panoramica sulla “Generazione Z” (i nati, indicativamente, tra il 1995 e il 2010), sul modo in cui concepisce il mondo e su come le società sportive siano chiamate a svolgere ancor di più un ruolo guida, in una realtà in cui l’informazione e i modelli proposti arrivano dai canali più disparati. Sono stati poi messi in evidenza dei dati allarmanti: l’incredibile tasso di abbandono dell’attività sportiva che si registra nel passaggio tra la scuola primaria e la scuola secondaria. Il motivo principale individuato è la perdita dell’aspetto ludico dello sport, una mancanza che dà origine a un mix micidiale con l’incapacità di comunicare e rendere appetibile un determinata realtà. Proprio sulla comunicazione con la “Generazione Z” si è concentrato poi l’intervento della giornalista pubblicista ed esperta di Web marketing Anna Tita Gallo.

“Ci sono caratteristiche in comune tra la ‘Generazione Z’ e le altre generazioni. I nativi digitali amano essere sempre connessi, questo è evidente. Sono bombardati da migliaia di informazioni e il loro non è un approccio passivo: selezionano rapidamente l’informazione che li colpisce. Il loro forte ego è sempre alla ricerca di un messaggio personalizzato”, ha iniziato Anna Tita Gallo, che ha poi continuato a delineare il profilo di questa generazione cercando di far comprendere ai dirigenti sportivi e agli operatori della comunicazione che “si tratta di una generazione propositiva, anche perché non ha vissuto direttamente l’impatto della crisi. I social che amano sono quelli immediati, diretti e pieni di foto. Facebook per loro è vecchio, troppo scritto, troppe informazioni. Amano i tutorial e i personaggi noti, come le influencer che vengono dal nulla, perché in essi vedono modelli che eliminano le barriere e che a loro si rivolgono direttamente”. Parole chiare che valgono sia per le aziende che desiderano vendere i propri prodotti a una fascia di popolazione, quella degli “Z”, che sebbene non disponga nella stragrande maggioranza dei casi di risorse economiche proprie, ha comunque un forte potere di influenzare le scelte in termini di acquisti dei nuclei familiari di appartenenza. La società sportiva, parafrasando quando detto dalla Gallo, che ha presentato il modello della comunicazione di Shannon e Weaver, deve, per poter raggiungere i più giovani, parlare loro attraverso i canali che loro stessi sfruttano e, soprattutto, confezionare contenuti attraenti, che siano in grado di fare colpo nei fatidici 8 secondi, oltre i quali l’utente passa ad altro. Tra le caratteristiche di un “contenuto attraente” è emersa quella dello storytelling: non limitarsi a spiegare un prodotto ma inserirlo in una storia, in un contesto

La comunicazione dei sani valori dello sport, che rimangono gli stessi nel tempo, attraverso nuovi canali a nulla servirebbe senza istruttori in grado di entrare in sintonia con i ragazzi: “La competenza viene data per scontata: il valore aggiunto è un altro. Al primo posto viene messo l’equilibrio, il non scomporsi davanti agli eventi, e al secondo posto l’empatia. Solo in terza posizione la competenza. Se non si catturano con queste caratteristiche i giovani cercano altro”. In sintesi, l’istruttore deve interessarsi non solo all’atleta, ma anche e soprattutto alla persona nella sua totalità.

Al termine degli interventi, durante la fase del question time, si è aperto un interessante dibattito circa i temi trattati in precedenza. Paolo Ghione ha sottolineato, tra le altre cose, come in Italia la scuola non sia ancora in grado di rispondere alle esigenze degli sportivi, delegando alle famiglie tutte le scelte. Si è anche introdotto il tema del bullismo, oggi sempre più “Web” e meno evidente, che spesso spinge i ragazzi ad abbandonare determinati ambienti. Non sono mancate considerazioni politiche ed è emersa la preoccupazione per il caldeggiato depotenziamento del CONI a partire dal 2020, che potrebbe danneggiare ancora di più il panorama sportivo italiano.

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