“Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”

Il recente dibattito sull’intitolazione di una via a Giorgio Almirante a Grosseto riporta al centro dell’attenzione un tema ricorrente nella società italiana: la difficoltà di affrontare il passato senza cadere in retoriche di parte. Se il proverbio “Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi” ci ricorda che le azioni possono sfuggire al controllo delle intenzioni, la vicenda grossetana offre uno specchio in cui si riflettono le contraddizioni di una memoria storica ancora irrisolta.

La questione di fondo: intitolazioni e memoria condivisa

La toponomastica è, a un tempo, un riconoscimento pubblico e un campo di battaglia ideologico. Dedicare una strada a una figura politica come Giorgio Almirante, cofondatore del Movimento Sociale Italiano, può essere visto come un atto di riconciliazione storica o come una provocazione. A Grosseto, il Consiglio Comunale ha tentato di segnare un passo in avanti proponendo non solo Via Almirante, ma anche Via Berlinguer e una dedicata alla Pacificazione nazionale, un segnale di superamento delle vecchie lacerazioni. Tuttavia, la reazione di alcuni settori politici, in particolare della sinistra e della CGIL, dimostra quanto siano ancora profonde le cicatrici del dopoguerra.

Il paradosso di un passato che non passa

Nel criticare la scelta del Comune, la sinistra ha riaffermato una narrazione che vede Almirante come simbolo di un’ideologia da condannare senza appello. Tuttavia, la storia politica italiana offre esempi che complicano questa visione: il gesto di Almirante, in coda tra la folla per rendere omaggio a Enrico Berlinguer, fu lodato dagli stessi vertici comunisti dell’epoca. Questi episodi, pur isolati, suggeriscono che la politica potrebbe costruire ponti anziché scavare trincee.

Ma il caso di Via Almirante si inserisce in un contesto più ampio, quello di una memoria collettiva che spesso si frammenta in schegge ideologiche. Le motivazioni ideali dietro certe scelte toponomastiche sono sovente travolte dal richiamo a episodi specifici o accuse strumentali. Nel caso di Almirante, la sua eredità è intrecciata alle ombre del neofascismo e alle implicazioni storiche del MSI, ma viene al contempo ignorata la sua azione all’interno di un sistema parlamentare democratico.

Il ruolo delle istituzioni: garanzia o complice di divisioni?

Il Consiglio di Stato, chiamato a esprimersi sulla questione, ha ribadito l’autonomia dei Comuni in materia di toponomastica, a meno che non vi siano rischi per l’ordine pubblico. La sentenza, pur rappresentando un atto di chiarezza giuridica, non ha dissipato le polemiche. I critici sostengono che simili decisioni possano alimentare tensioni sociali, mentre i sostenitori del provvedimento parlano di un passo verso la maturità democratica.

Un invito a guardare oltre il passato

Se il diavolo fa le pentole e non i coperchi, è compito della società civile e delle istituzioni completare l’opera. Dedicare una via a Giorgio Almirante, come a Enrico Berlinguer, potrebbe essere visto non come una santificazione, ma come un invito a una riflessione condivisa su un periodo storico complesso. Tuttavia, perché ciò avvenga, è necessario abbandonare le logiche del conflitto permanente e riconoscere che una democrazia matura si fonda anche sulla capacità di ascoltare e rispettare le memorie degli altri.

Grosseto ha tentato di aprire questa strada, ma il percorso verso una memoria condivisa resta lungo e impervio. Il vero rischio non è l’intitolazione di una via, ma l’incapacità di vedere oltre i coperchi che coprono il nostro passato, impedendoci di costruire un futuro davvero inclusivo.

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