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Il suicidio dell’occidente

Nell’ultimo libro di Federico Rampini, ( “Suicidio Occidentale”) l’autore muove dalla premessa che il motivo per il quale un attacco nel cuore dell’Europa ci coglie impreparati, risieda in una sorta di “disarmo culturale” dell’Occidente, una forma di auto- sabotaggio collettivo, per il quale ormai da decenni riteniamo di non incarnare più valori validi da proporre al mondo intero.
Tutto vero, tutto fondato. Ma ad integrazione della lucida analisi di Rampini, aggiungerei che il caso della guerra Russo-Ucraina, conferma che quel “disarmo” intellettuale purtroppo continua. Anche in questa tragica circostanza infatti, l’Occidente e buona parte delle sue opinioni pubbliche, stanno brillando per afasia e omologazione intellettuale, nonché di acritico innamoramento per la causa degli aggrediti. Ora che il popolo ucraino riveli aspetti eroici e certamente encomiabili nel resistere alla prepotenza del Colosso Russo, è innegabile. Tuttavia l’apprezzamento per questa indiscutibile tempra finisce per oscurare tutto il dibattito intorno al conflitto e alle sue prospettive di soluzione. Le classi dirigenti occidentali si stanno avvitando in un’unica spirale di politiche di armamento e di controffensiva muscolare. Di più. Completamente inadeguati rispetto a una ragionevole soluzione della crisi, appaiono il Presidente americano e quello Ucraino. Il primo, incurante del suo delicatissimo ruolo di Capo della prima potenza nucleare, si lascia andare ad insulti da bar rivolti al suo omologo russo. Il secondo invece non si è messo ancora in testa che a qualcosa dovrà pur rinunciare, per evitare non solo che il suo Paese venga completamente distrutto dalla superiorità militare avversaria, ma anche per scongiurare un’agghiacciante terza guerra mondiale. Al contrario, l’unica strategia mediatica appare quella di isolare e denigrare Putin, che certamente è un despota privo di scrupoli, ma volenti o nolenti, anche il Presidente di un Impero, con cui certo è necessaria una giusta fermezza, ma anche un’urgente opportunità di rapportarsi sul piano diplomatico. La propensione maggioritaria è invece quella di definirlo come un “Criminale”, che come tale, deve essere soppresso o comunque messo in condizione di non nuocere. Ma quand’anche il presidente russo fosse un inquietante sociopatico, per quale motivo in questo caso si decide (al contrario di quanto si è fatto invece con altri Dittatori), di non tentarne una, sia pure complessa, possibilità di “recupero”? Pur se in altri contesti, l’evoluzione delle società occidentali non ha forse dimostrato che è possibile emendare soggetti socialmente pericolosi? Lo ha fatto certamente, attraverso specifiche metodiche psicologiche e soprattutto non stancandosi di cercare un dialogo, un confronto, un tentativo di relazione persino con la malattia mentale. A maggior ragione, sarebbe necessario percorrere questa strada sul piano della politica internazionale, tanto più che non ci troviamo certo di fronte a un “Folle” tout court e che la pace mondiale è seriamente in pericolo. Oggi i leader occidentali e le loro opinioni pubbliche sono tutti uniti nel demonizzare il grande “Lupo cattivo”. Ma dov’erano queste anime belle quando i loro aerei bombardavano le popolazioni civili afgane, serbe e siriane? La crudeltà umana non può soggiacere a una logica di doppiopesismo ma deve essere, ovunque si manifesti, unanimemente condannata.
Dunque parafrasando Rampini, proprio Europa e Stati Uniti, consapevoli delle loro storiche inadempienze, hanno in questo frangente l’occasione di riscattarsi, sia sul piano umanitario che su quello diplomatico. Nel primo caso attraverso una politica di accoglienza verso gli sventurati profughi ucraini, nel secondo, ricorrendo a una maggiore inventiva e intelligenza politica. Il che significa essere promotori di una sensata base negoziale, che concili le aspettative russe con le legittime esigenze di sicurezza e di pace del popolo ucraino.
Gianna Regis e altri 189
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