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Lo stato di flow nello sport

Se fate sport o, come me, lavorate nel campo della psicologia dello sport, non potete fare a meno di parlare di “flow”. 

  • È la stessa cosa del “runner’s high”? 
  • Esiste questo stato di coscienza e come ci si sente? 
  • È importante cercare di raggiungerlo? 
  • Come ci si arriva? 

Sono molte le domande che mi vengono poste di continuo su questo argomento a cui vorrei rispondere qui.

Prima di tutto per me è importante fare una premessa: Il nostro corpo e la nostra mente sono un tutt’uno e non possono essere disgiunti in nessun modo. Tutto quello che facciamo, anche nell’ambito sportivo, contiene una parte fisica e una parte mentale. 

Detto questo, cerco di descrivere la sensazione di flow, che sono sicura tutti noi abbiamo sperimentato almeno una volta, a volte per poco tempo o con minore intensità e forse non solo durante lo sport, ma anche durante attività creative, lavorative o di altro tipo.

Il flow può essere descritto come una meravigliosa sensazione di completa dimenticanza di sé, mentre il respiro fluisce costantemente. L’attenzione è completamente concentrata sul compito da svolgere. Questa concentrazione è così forte che tutti i pensieri e le preoccupazioni irrilevanti scompaiono, così come il senso del tempo. Non ci sono distrazioni, scadenze o aspettative esterne. Si ha in mente un obiettivo chiaro e si sente di poterlo fare e raggiungere. L’ego passa in secondo piano. Il corpo e la mente, altrimenti inquieti, si fondono, fluiscono insieme e ci si immerge completamente nel momento.

Che cos’è il flow?

Nel 1990 Mihály Csíkszentmihályi, professore di psicologia all’Università di Chicago, ha coniato il termine “flow” per descrivere  ciò che si prova in questi momenti di immersione. Il miglior stato di coscienza possibile, in cui ci si sente bene e che allo stesso tempo ci consente di raggiungere grandi obiettivi. È la sensazione di benessere che si può prova quando si segue la propria passione e quando ci si immerge completamente in un’attività.

I momenti più felici non sono quindi quelli in cui ci sediamo e ci rilassiamo, ma quelli “in cui il nostro corpo e la nostra mente spingono i propri limiti in uno sforzo volontario per realizzare qualcosa di difficile e utile”.

Probabilmente la sensazione di felicità più nota nello sport è il cosiddetto “runner’s high”. L’euforia che si prova dopo una corsa faticosa, scatenata dalle endorfine e dagli endocannabioidi, che agiscono sul sistema nervoso centrale come la morfina e il THC (Tetrahydrocannabinol). Quindi i corridori a volte sono letteralmente “high”. 

Secondo Csikezentmihalyi, ci sono vari elementi che possono portare al “flow”. Vorrei elencare qui i tre più importanti:

1. La presenza di obiettivi chiari: La prima chiave è sapere cosa si vuole ottenere. A volte si fa qualcosa solo per divertimento e si rimane nella propria zona di comfort. Questo può essere molto rilassante, ma: La magia avviene fuori dalla zona di comfort. L’obiettivo deve sempre essere direttamente collegato all’attività stessa. Un corpo perfettamente allenato, ad esempio, non è un obiettivo che può farvi entrare nel “flow”.

2. L’equilibrio tra la sfida affrontata e le capacità necessarie per affrontarla: Se il compito è chiaramente troppo difficile o le vostre capacità sono troppo basse, sarete rapidamente sopraffatti e le emozioni e le paure che ne derivano impediranno il flow.

Se invece la sfida è troppo facile, ci si annoia o non si esce nemmeno dalla propria zona di comfort. Ciò significa che un compito non deve sovraccaricarvi, ma nemmeno sotto-sfidarvi.

3. Feedback inequivocabile sul perseguimento degli obiettivi: Quanto più si presta attenzione ai segnali del corpo e dell’ambiente, tanto meglio si può reagire e regolare i movimenti, la respirazione o il ritmo. Nel migliore dei casi, azioni e coscienza si fondono, si reagisce istintivamente senza pensarci.

Come si fa a entrare nel flow?

Il bello del flow è che può essere raggiunto in molti modi. Perseguendo una passione e dedicando la massima attenzione a un compito impegnativo, si può raggiungere questo stato di coscienza.

Tuttavia, il flow non è la corsia preferenziale per la felicità. Non è possibile evocare l’esperienza del flow solo seguendo alcuni semplici consigli. Ci sono dei requisiti di base, ma nessuna garanzia. Ma questo non importa, perché la caratteristica più importante delle attività che possono indurre il flow è che sono autoteliche, ciò significa che l’attività stessa è già percepita come molto gratificante, cioè il viaggio e non solo il raggiungimento dell’obiettivo.

Si può invece allenare la concentrazione e la capacità di focalizzarsi a quello che si fa in questo momento con delle tecniche di rilassamento, come il training autogeno, con l’auto-ipnosi o con la Mindfulness. In questo modo la mente sarà già “allenata” ad entrare in uno stato di “auto-focalizzazione” in cui ci si concentra su quello che si fa o su quello che succede in questo momento. Inoltre si allena la capacità di regolare le emozioni che possono “disturbare”, per esempio durante una gara. Sono tecniche usate dagli sportivi nella preparazione mentale per ottimizzare la prestazione sportiva e per favorire l’entrata in uno stato di flow. 

Godersi ciò che si fa, e vivere un momento di “flow” potrà essere la conseguenza

Per qualsiasi domanda che riguarda questo argomento, non esitate a scrivermi a alexandra.viechtbauer@centronemesis.com

Dott.ssa Alexandra Viechtbauer,

Psicologa e Psicoterapeuta, Psicologa dello Sport

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