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Pillole...POLITICA

Pillole di memoria storica: la follia della autogestione delle cokerie savonesi e lo sciopero della fame

Normalmente quando prometto mantengo la parola data! Ho promesso al mio amico Dott. Ezio Castagna, già capo delle Relazioni industriali dell’Eni per le 4 Cokerie italiane e mantengo la parola data, raccontando hic et nunc una pagina storica delle lotte operaie savonesi negli anni ’80, a Vado Ligure con la Fornicoke (oggi Shopping Center Molo 8.44) e a Bragno con la Cokitalia (oggi Italiana coke). Agli inizi degli anni ’80 in Italia si è svolta una vicenda “esemplare” e gravida di novità per la storia del movimento operaio: per la prima volta gli operai di Vado arrivarono a fare “lo sciopero della fame”, mutuando una forma di lotta estrema più confacente al movimento radicale di Marco Pannella, che al movimento sindacale di Luciano Lama, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto. I sindacalisti nazionali CGIL CISL UIL della “vertenza cokerie” erano, rispettivamente, Cofferati – Trucchi e Longhi. A Livello savonese e Ligure Spagnoletti – Rossi e Congiu. Se Atene piangeva, Sparta (Bragno) non rideva e gli operai con i tecnici, riuniti in assemblea, decisero l’autogestione degli impianti e della fabbrica con il mio consenso e degli altri due colleghi e contro il parere del resto del mondo (OO.SS Nazionali, Asap (Confindustria pubblica), Istituzioni con la eccezione dei Comuni di Vado e Cairo, guidati dai Sindaci comunisti Pietro Ricino e Oscar Assandri. La vertenza Cokerie (Vado-Cairo-Marghera-Avenza) era ulteriormente complicata dalla geopolitica perché, a grandi linee, Vado aveva una egemonia cislina e democristiana (Trucchi, Darida e Donat Cattin), Cairo cigielleggina e comunista (Cofferati, Spagnoletti, Giacobbe Carlo, Urbani), Marghera (Ve) socialista con il Ministro De Michelis, una tanticchia anche il veneziano Alberto Teardo allora Presidente della Regione Liguria) e Avenza (MS) con i Repubblicani e i Massoni (Ivo Longhi).
La qualità della vertenza e l’eco delle notizie, ben presto travalicarono i confini provinciali ed ebbero un impatto nazionale.
Accorsero a Bragno e Vado le maggiori televisioni del tempo e le più importanti testate giornalistiche nazionali.
Ne ricordo solo alcuni: lo storico inviato del Tg3 Santo Della Volpe, morto poi nel luglio del 2015 dopo una tremenda malattia, Gianpaolo Pansa di Repubblica, Camillo Arcuri del Corsera, Bruno Ugolini de l’Unità, Claudio Sabelli Fioretti di Panorama, Rossana Rossanda del Manifesto e Roberto Villetti Direttore de l’Avanti.
Cosa era successo per cotanta attenzione? Era successo che Eni aveva deciso di accelerare la ristrutturazione delle Cokerie in seguito alla crisi del comparto siderurgico italiano (utilizzatore del coke) e della caduta dei consumi negli Edifici pubblici e nelle private abitazioni.
L’obiettivo dichiarato era la chiusura delle due Cokerie savonesi, visto che Marghera era intoccabile per la contestuale crisi del Petrolchimico (compreso il terrore delle Brigate Rosse) e per l’opposizione palese dell’allora Ministro delle PP.SS, il socialista Gianni De Michelis e Avenza (Massa Carrara), perché sponsorizzata dal repubblicano Ministro degli Esteri Spadolini e dalla radicata Massoneria carrarese.
A pagare avrebbe dovuto essere Pantalone (la Provincia di Savona) senza Santi in Paradiso e senza Sponsor “Lì dove tutto si puòte”.
Decidemmo una reazione durissima di lotta articolata, scioperi di 4, 8, 12, 24 ore e anche lo Sciopero Generale (ben 2 volte).
Sarebbe lungo ricordare tutto, ma voglio evidenziare due o tre episodi emblematici.
In primo luogo l’iscrizione nel Carnet della storia nazionale e internazionale, delle lotte operaie di Vado Ligure e della Fornicoke, come, in assoluto, il primo esperimento di “sciopero della fame” con 30 operai ospitati nelle brande della sala riunioni sindacali della Fabbrica nell’anno del Signore 1984 dai primi di dicembre alla Epifania, compreso il Santo Natale, il 31 dicembre e Capodanno.
Non dimenticherò mai il mio primo Natale alla messa di mezzanotte celebrata dal Vescovo di Savona, con l’altare e Gesù Bambino nato nella sala assemblee della Fornicoke.
Erano 20 anni (dal 1964), da quando servivo messa al Paese a Don Matteo con la tonaca con il bordino rosso, che non sentivo più messa! Ma in Fornicoke il 24 dicembre 1984 c’ero, avevo il vestito buono ed ero pure accompagnato da mia moglie Maria, anche lei allora Comunista. Vicino a me Rossi, la moglie Maddalena e lo scricchiolino Pino Congiu con la moglie.
È finita che manco Nostro Signore ci ha salvato! La Fornicoke è l’unica fabbrica che ho chiuso con la mia firma e sconto che ci siano tanti lavoratori che, a 37 anni dalla chiusura, non mi perdonano di aver chiuso la Fornicoke e salvato la Cokitalia di Bragno! Capisco! Ma due cose vanno dette apertis verbis: in primis che nessun operaio, impiegato o tecnico della Fornicoke è stato licenziato o ha perso il lavoro o attraverso la mobilità negoziata verso la Cokitalia di Bragno o attraverso il prepensionamento a 50 anni al massimo dei contributi (altro che Fornero!) ed in secundis che dovevo scegliere una delle due! Salvarle tutte e due non era possibile umanamente! Sorry ma così è stato!
La seconda riflessione riguarda la Cokitalia “covo di comunisti, socialisti e cgil”.
La salvammo con tutte le forze, la fantasia e la cucina negoziale che avevo e avevamo.
Straordinarie sono state le 48 ore di autogestione di una impresa a rischio Hiroshima…una bomba pronta ad esplodere con tutte le ricadute sulla popolazione di Bragno e Cairo.
L’assemblea dei 400 era difficile da governare, si rischiava il morto; e i lavoratori erano inferociti contro la Direzione di Fabbrica e di Gruppo!
Neppure io ce la facevo più a governare l’assemblea e stavo per mollare… quando mi chiamarono in disparte due Tecnici (Osvaldo Chebello e Pietro Morea) e mi dissero “Bruno l’unica via d’uscita è l’occupazione della fabbrica e la salvaguardia degli impianti da condurre governare senza produzione di coke”! Belin e Chi se la prende la responsabilità? “Tu mio caro, tu sei il Capo: solo così si calmeranno le acque e tornerà il sereno”! Chiamo a Savona Lino Alonzo, allora Segretario generale della Camera del Lavoro e Lino mi dice “Tu sei pazzo! Ma se è così….procedi”.
Lo comunicai in Assemblea e in corteo entrammo in Direzione per comunicare al Direttore Ing. Novarese e al Capo del Personale Dott. Salerno che da quel momento “la fabbrica è nostra” e che dovevano abbandonare immediatamente la fabbrica.
Novarese e Salerno erano più bianchi e pallidi della morte….e a capo chino abbandonarono gli uffici, ma rimasero fuori nella Sala mensa! I telefonini non esistevano ma esistevano i telefoni in macchina dei Dirigenti e qualche telefonata riuscii a farla.
Dopo due ore cominciò a piovigginare (ci mancava) e da lontano sentivamo le sirene! Erano ambulanze o forze dell’ordine? In tre minuti verso le 19, arrivano i Carabinieri con un mandato di comparizione in Procura (ancora in Palazzo Santa Chiara) firmato dalla terribile (ma bellissima e intrigante) Dott.ssa Tiziana Parenti, poi nel Pool di Mani Pulite a Milano nonché Parlamentare.
I Carabinieri mi e ci caricarono su due Alfette blu e ci portarono in procura.
Nell’ufficio del Sostituto procuratore Tiziana Parenti c’era (non so a che titolo!) anche il giornalista della Stampa di Savona Bruno Balbo.
La Parenti mi guardò con tono minaccioso da testa ai piedi e ci lesse i 10 capi di imputazione: e ci diede 3 ore di tempo per riportare in ordine la situazione (quo ante) con il Direttore ing. Novarese di nuovo nel pieno dei suoi poteri o, in alternativa, scattavano gli arresti del Sottoscritto, di Rossi e Congiu, più il Coordinatore del Consiglio dei Delegati Riccardo Aramini.
Azz? E adesso? Che facciamo? Tornammo da Savona in Fabbrica verso le 23 con le gazzelle dei Carabinieri a sirene spiegate….pioveva a dirotto e gli operai del turno di notte cercavano di tenere i forni e le batterie in ordine e in sicurezza; ma era sempre più difficile! Intanto erano arrivati i mega Dirigenti da Milano con il Dott. Castagna vestito con un pastrano verde di gomma con il cappuccio antipioggia che sembrava l’uomo Michelin con i baffi neri in primo piano.
Gli operai gridano che non ce la fanno più a reggere, la notte diventava drammatica e a rischio scoppio delle batterie già compromesse! Facemmo una breve disperata trattativa con il Management di fabbrica e di gruppo e decidemmo la priorità di mettere in sicurezza gli impianti, i lavoratori e i cittadini e dalla mezzanotte alle 6 di mattina (dopo che gli operai ci mandarono tutti a cagare perché crollava il gas) gli addetti ai forni (operai e tecnici) riuscirono a fare tutti i Forni per recuperare il Gas, mentre noi del Sindacato Confederale e i Vertici aziendali e di Gruppo li incentivavamo a fare presto.
Anche questa storia fa parte del mio mestiere di sindacalista anomalo e riformista

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