Italia, 2025. Un Paese sospeso tra le promesse di riforma e l’inesorabile declino di una politica che ha molti padri ma nessun colpevole. Da una parte, si celebra l’aumento delle donne nelle istituzioni, ma si ignora la loro esclusione dai veri centri di potere. Dall’altra, si lancia l’ennesima crociata contro la magistratura, accusata di destabilizzare un governo eletto democraticamente. Il filo rosso che unisce questi due fenomeni? La distrazione di massa.
La Meloni e la trappola delle quote rosa
Giorgia Meloni, prima donna premier della Repubblica, aveva promesso una rivoluzione culturale e politica. Eppure, nel 2024, solo il 23,3% dei membri dei Consigli dei Ministri erano donne con un effettivo portafoglio decisionale. La narrazione progressista delle “quote rosa” è servita solo a mascherare il fatto che il vero potere resta saldamente nelle mani di uomini. Un colpo di reni? Piuttosto, un bluff.
Elly Schlein, dall’opposizione, grida allo scandalo, denunciando la discriminazione sistematica. Ma dov’era la sinistra quando poteva cambiare le cose? Il PD ha sempre sbandierato l’inclusione senza mai incidere sulle strutture di potere. Il risultato è che l’Italia si muove a ritmi da lumaca: la parità di genere, secondo le stime, arriverà nel 2063. Un secolo dopo le prime battaglie femministe.
La giustizia: una guerra di potere
Nel frattempo, la politica distoglie l’attenzione dal proprio fallimento spostando il mirino sulla magistratura. Il recente avviso di garanzia alla Meloni e ad alcuni suoi ministri ha scatenato il solito teatrino: complotti, “toghe rosse”, giustizia ad orologeria. Il centrodestra grida all’attacco eversivo, la magistratura risponde difendendo la propria indipendenza. In mezzo, un Paese che si disfa sotto il peso delle proprie contraddizioni.
Ma la domanda è: chi ha veramente iniziato questa guerra? Forse i giudici che osano indagare i potenti, o forse i politici che, incapaci di riformare la giustizia, la dipingono come un nemico interno. Intanto, il cittadino comune resta schiacciato da processi interminabili e tribunali intasati.
Esicasmo e paralisi politica
Mentre la politica si dimena tra propaganda e paralisi, l’Italia affonda nel silenzio. Il caos diventa la norma, mentre chi detiene il potere si rifugia in una sorta di esicasmo, un ritiro strategico che evita il confronto diretto e perpetua l’immobilismo. L’assenza di azioni concrete da parte delle istituzioni alimenta un clima di rassegnazione collettiva, un Paese stanco di lotte sterili e riforme fantasma.
Conclusione: il grande inganno
Le quote rosa e la malagiustizia sono solo due facce dello stesso trucco. Da un lato, si finge progresso concedendo posti di facciata alle donne senza scalfire la vera struttura del potere. Dall’altro, si demonizza la magistratura per nascondere il fallimento della politica. Nel frattempo, l’Italia va peggio degli altri Paesi, senza che nessuno ne paghi realmente il prezzo.
Quando smetteremo di accettare questa sceneggiatura già scritta? Quando inizieremo a pretendere che il potere non si travesta da vittima, ma risponda delle proprie azioni?