Una danza di cariatidi: parole nuove e volti vecchi nel dibattito del PD

Un’analisi su riformismo, cattolicesimo e centristi: le incompiute risposte alle sfide interne di un partito sempre più lontano dal suo cuore originario.

Il Partito Democratico vive una crisi di identità tra riflessioni riformiste e nostalgie di centro: ma i convegni delle minoranze rischiano di essere solo una nuova edizione di una vecchia danza di parole vuote.

Il Partito Democratico, simbolo della sinistra italiana, sembra essere tornato al punto di partenza. Mentre il dibattito interno diventa sempre più incerto e confuso, il PD sta assistendo a un rifiorire di divisioni, che non sono affatto una novità, ma che oggi appaiono come una riedizione di un copione già recitato troppo spesso. Due recenti convegni – uno sui cattolici democratici e l’altro sui riformisti di “Libertà Eguale” – hanno fatto emergere le crepe interne al partito, dando l’impressione che si stia cercando una nuova alchimia politica. Ma al di là delle parole, tutto sembra destinato a restare immutato.

C’è qualcosa di paradossale in questa “rinnovata vitalità” che il PD ostenta con orgoglio. Mentre alcuni auspicano un rinnovamento, in realtà si sta cercando di riesumare vecchie pratiche politiche che non hanno mai dato frutti concreti. Le parole si susseguono, ma non si fanno strada idee veramente nuove. La scena politica assomiglia sempre più a una danza di cariatidi: movimenti apparentemente freschi, ma con volti che non sono mai veramente cambiati, che risuonano come un’eco stanca di un passato che non sa più dove andare. Il riformismo proposto dai cattolici e dai componenti più moderati del partito suona ormai come un’illusione. Una modernizzazione di facciata che sembra non riuscire a coniugarsi con un’identità che, nel tempo, si è fatta sempre più opaca e distante dai suoi elettori storici.

L’idea di un partito sempre più centrato sulle istanze moderate, con un “campo largo” che include sinistra e una presunta “vocazione populista”, continua ad essere il cavallo di battaglia delle minoranze, ma questa strategia ha ormai il sapore di una stanca riedizione di un sogno che non si è mai concretizzato. Il problema non sta nella mancanza di argomenti, ma nella difficoltà di attuare qualsiasi tipo di progetto politico che vada oltre la mera gestione delle alleanze. I riformisti lamentano una leadership distante, mentre i cattolici si chiedono se sia il caso di ricostruire un soggetto politico che possa raccogliere le forze della “vecchia Margherita”. Una scelta che, per quanto rispettabile, rischia di essere solo una giustificazione per il fallimento di un partito che non sa più quale direzione prendere.

Non è un caso che anche personaggi storici come Romano Prodi, che rappresentano l’immagine della costruzione del PD, esprimano preoccupazione per la deriva che sta prendendo il partito. La tentazione di tornare indietro, di spostarsi verso il centro e di riscoprire il vecchio spirito della Margherita, potrebbe essere forte. Ma non c’è nulla di nuovo in questo. E la riscoperta del centro, un concetto ormai ampiamente svuotato di significato, sembra più che altro una mossa difensiva, una ripetizione di un gioco politico che non ha mai veramente soddisfatto né i suoi protagonisti né i suoi elettori.

Il PD, dunque, è prigioniero di un paradosso: il riformismo è necessario, ma le strutture interne non sono in grado di attuarlo. Le minoranze, da sempre protagoniste di un dibattito sterile, non fanno altro che perpetuare una forma di “correntismo” che non ha nulla di innovativo, ma che rientra in una logica di potere che ha ben poco a che vedere con la politica reale. Questo non è un dibattito sui contenuti, è solo un gioco di parole tra fazioni che si dividono più per motivi di posizione che per una vera necessità di rinnovamento.

Forse la vera domanda da porsi è un’altra: se non è in grado di affrontare la propria identità politica, il PD potrà mai davvero rispondere alle sfide del futuro? O è destinato a rimanere un gigantesco contenitore di parole apparentemente nuove, ma proferite da volti vecchi dell’aula sorda e grigia della politica italiana?

 

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