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A.A.A. cercasi arbitro!

arbitroTra i tantissimi problemi che lo sport italiano deve affrontare e risolvere c’è anche quello prettamente arbitrale. Ma, attenzione bene! Non stiamo parlando di qualità (in questo caso sarebbe meglio stendere il famoso “velo pietoso”), ma di quantità. Ebbene sì, in Italia mancano gli arbitri, un po’ in tutte le federazioni dove il gioco richiede la presenza dell'”omino nero”. Un mio amico hockeista, tempo addietro, è stato censurato per averli definiti “i banditi della domenica”: in altri termine, questi personaggi che fanno rapine nella giornata in cui si svolgono la maggioranza dei campionati nelle più diverse discipline sportive. Che tale persona avesse torto o ragione non sta a me dirlo, forse tale affermazione è un po’ azzardata o esagerata, ma….

La realtà è che tali arbitri, o direttori di gara che dir si voglia, incomincino a mancare e le liste dei disponibili a prendere il fischietto si stanno sempre più riducendo tanto da mettere in vera crisi l’operato dei vari campionati soprattutto di quelli giovanili. Eh sì, è proprio così. Per la direzione delle partite più importanti e di categoria superiore si trova ancora qualcuno, ma per dirigere incontri di livello più basso nessuno è più disponibile e le federazioni sportive devono are i famosi “salti da scimmia” per riuscire a far fronte alla copertura delle partite. È questo un problema che, ormai, coinvolge e interessa da vicino tutte le federazioni, dal calcio alla pallavolo, alla pallacanestro, all’hockey, ecc. Ormai quasi tutte anno avuto la bella, anzi, la triste idea di creare la figura dell’arbitro societario per risolvere la copertura degli incontri a calendario anche nelle serie maggiori dal momento che mancano gli effettivi. Gli arbitri societari sono null’altro che dirigenti, tecnici e accompagnatori di squadre che, dopo sterili corsetti, hanno avuto, pagando come banche, il tesserino arbitrale. Non scordiamo che le società sportive sono state obbligate dalla federazioni a segnalare almeno due nominativi di arbitri ausiliari pena forti multe e altre sanzioni. In altri termini, volenti o nolenti, alcuni si sono trovati a fare gli arbitri controvoglia per salvare la loro società da provvedimenti. Ma non è finita. Il gettone dell’arbitro ausiliario per la direzione della partita non è lo stesso che la federazione riconosce all’arbitro effettivo. Se un effettivo prende 10, l’ausiliario viene pagato 3. È giusto tutto questo? Un arbitro ausiliario, dirigente l’incontro, ha gli stessi oneri di un effettivo, gli stessi rischi, le stesse responsabilità, eppure viene pagato un terzo del collega più titolato! All’ausiliario non sono nemmeno riconosciute le spese chilometriche, il pranzo, ecc. Con queste trovate vogliamo incrementare e migliorare la categoria arbitrale? Mi pare proprio di no. A dire il vero, anche le tariffe in vigore degli arbitri effettivi non sono delle migliori e certamente non più consone al lavoro che devono fare, soprattutto se tale lavoro viene svolto con competenza e diligenza. Arbitrare una partita di medio livello vuol dire, comunque, perdere una intera mattina o pomeriggio per ricavare venti o trenta euro miserabili a fronte dei mal di pancia e dei rischi che un arbitraggio comporta. E poi ci si lamenta se nessuno vuole più fare l’arbitro: a livello giovanile, poi, c’è defezione totale, perché mancano gli opportuni incentivi che, per un giovane, potrebbe essere un gettone di presenza più giusto e più pesante.

È allora giusto parlare di arbitri mal retribuiti? Certamente sì. Solo nel grande mondo del calcio è conveniente economicamente arbitrare: in altri sport direi proprio di no. Dall’arbitro si pretende sempre di più, maggiore professionalità, maggiore impegno, più puntualità, più precisione, ma si tende a dare sempre di meno. E non mi si venga a raccontare la favoletta che arbitrare è una passione come tante altre e che, quindi, il gettone di presenza è l’ultima cosa a contare. Ai tempi d’oggi credo proprio che la passione venga sempre meno e che la retribuzione sia, invece, molto sentita e importante. Non va scordato che l’arbitro, in campo, rappresenta a ogni titolo ed effetto la sua federazione e che dal suo operato dipendono non solo il risultato, ma altre cose ancor più importanti. Se la federazione vuole certezze ed essere al meglio rappresentata, deve capire che non si po’ fare le nozze con i fichi secchi e che gli arbitri vanno decisamente meglio retribuiti, specialmente nelle federazioni sportive così dette “minori” che, poi, tanto minori non sono certamente rispetto al calcio. Mentre nel calcio esistono regole certamente più severe e rigide, per quanto riguarda l’assistenza arbitrale prima durante e dopo lo svolgimenti di una partita, nelle altre federazioni l’arbitro rischia anche di prendersi quattro schiaffoni oltre agli epiteti che sono all’ordine del giorno: il tutto per il gettone di presenza che è ridicolo.

È il momento di cambiare direzione davvero: la categoria arbitrata va di più rispettata, ma soprattutto da chi li manda ad arbitrare. Se gli arbitri sono pochi cerchiamo, almeno, di tenerceli stretti e di gratificarli al meglio per non rischiare di perdere anche loro. Premesso che anch’io ho arbitrato per moltissimi anni e che ho fatto anche il fiduciario arbitri provinciale e regionale, ma che, al tempo stesso, in panchina, come allenatore, sono sempre stato un mangia arbitri, rimediando, varie volte, ammonizioni e allontanamento dalla panchina stessa. Aggiungo anche, però, che quando indossi la maglia da arbitro cambia tutto: ti senti indifeso, impotente davanti agli errori che, in buona fede, ogni arbitro può commettere e sotto il controllo e il giudizio di tutti. Inveire contro gli arbitri è molto facile, ma arbitrare è l’esatto contrario.

Secondo voi, un giovane, per i famosi venti o trenta euro, ha voglia di arbitrare magari sotto la pioggia e al freddo perdendo mezza giornata e rischiando di rompersi le ossa? I giovani hanno già risposto a loro modo: disertando i corsi arbitri e dichiarando il loro disinteresse al fischietto.

Care federazioni sportive, datevi una mossa e cercate di comprendere che è inutile imporre obbligatoriamente alle società di mettere i propri dirigenti ad arbitrare le partite. Peraltro, per il pubblico presente, per i genitori, per gli atleti non è una cosa gratificante e seria. Resta da capire se i campionati minori interessino o no alle stesse federazioni o se siamo solo motivo per fare cassetta alla faccia della crescita e del proselitismo della loro disciplina. La crisi delle vocazioni c’è eccome, ed esige: non resta che affrontare il problema seriamente per evitare quei problemi che derivano da arbitraggi pressappochisti e fatti quasi controvoglia.

Carlo Colla

 

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