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Calciando in rete. “E negli occhi tuoi, voglia di vincere”

Chi ha avuto la fortuna di vivere quell’estate del 1990 non può non ricordarsi delle emozioni che la nazionale azzurra ci regalò in quelle mitiche “notti magiche”. Erano i mondiali di calcio svoltisi in Italia a cui faceva da sfondo musicale  un brano composto da Giorgio Moroder( titolo originale  To Be Number One, testo scritto da Tom Whitlock) ed eseguito dal duo Nannini-Bennato, e al comando dei nostri ragazzi (su tutti Totò Schillaci) c’era un signore di altri tempi : il CT Azeglio Vicini. Se n’è andato martedì 30 gennaio nella sua Brescia dopo lunga malattia alla soglia degli 85 anni con il rimpianto forse di non aver vinto niente. Azeglio  era nato a Cesena nel, ultimo di sette figli. Si innamorò perdutamente del Grande Torino un giorno del ’47 che lo vide giocare a Bologna: e da quel giorno fu capitan Valentino il suo idolo, cui nel tempo accostò prima Di Stefano e poi Maradona. Veniva dalla cantera azzurra, Vicini, come prima di lui Valcareggi e Bearzot e più tardi, in un certo senso, Maldini. Gente per cui la Nazionale era innanzitutto un onore, non ancora un ripiego come da lì in poi sarebbe troppo sovente accaduto. Così, quando Valcareggi gli propose di entrare all’Under 23, parliamo del ’75, fu la tuta con su scritto Italia il richiamo della foresta, non certo i quattrini che erano pochi per davvero. Sempre più delle 15 mila lire al mese con cui aveva debuttato da calciatore al Cesenatico, rampa di lancio di una lunga e onesta carriera da mediano consumata tra Vicenza, Sampdoria e Brescia. La panchina amata azzurra la perse l’anno appresso al fatidico Mondiale. In teoria per un palo di Rizzitelli a Mosca che costò la qualificazione agli Europei, in pratica perché da mesi Berlusconi si stava lavorando Matarrese per traslocare Sacchi dalla panchina del Milan a quella dell’Italia. Ne seguì una faida tutta romagnola, perché Vicini osservò, mica tanto en passant, che Sacchi con quel Milan aveva vinto troppo poco. Col tempo arrivò il parziale risarcimento federale, perché Azeglio divenne prima presidente dell’associazione italiana allenatori, poi del settore tecnico di Coverciano. Da dove continuò a detestare Sacchi, cordialmente ricambiato, e a coltivare un’amicizia speciale per Fabio Capello. Per due buone ragioni. La prima è che il calcio di don Fabio era il suo. La seconda che, abituato alle placide acque di Romagna, un’onda anomala sulla spiaggia di Rio lo aveva travolto e solo l’intervento di Capello che nuotava nei pressi lo aveva salvato. Roba di trent’anni fa, che Azeglio ha raccontato migliaia di volte e sempre con il tono vagamente incredulo del miracolato. Oggi il calcio italiano abbruna per lui la sua bandiera e la F.I.G.C. ha disposto l’effettuazione di un minuto di silenzio, in occasione di tutte le gare calcistiche in programma fino alla prossima giornata dei Campionati per onorare la sua memoria. Addio Azeglio, te ne vai con il tuo grande sogno nel cuore svanito, tradito sul più bello da un’uscita a vuoto e due rigori sbagliati.Non hai vinto eppure tutto il mondo sportivo ti ricorda con affetto e simpatia, per quel grande uomo di sport che sei stato.

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