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Ingrid Mijich: artista in viaggio

Riprendiamo alcuni eventi artistici della fine dello scorso anno che non possiamo tralasciare, prima di soffermarci su “Interferenze”, la mostra di Pozzo Garitta, che termina oggi 27 gennaio.

A Pozzo Garitta aveva esposto, sino al 4 novembre, Ingrid Mijich (Fiume, 1947), di cui, sulle nostre pagine, si era già occupata Gabriella De Gregori – Ate, Ingrid Mijich: tra segni e pensieri- on line dal 3 novembre 2018. Ritorniamo su questa artista sorprendente per cercare di definirne ancora il profilo; esule dall’Istria, l’esperienza drammatica, che ha coinvolto lei, la sua famiglia e molti altri italiani, sembra averla segnata e, nella sua poetica, il viaggio, la nostalgia di un mondo perduto, l’anelito ad un ritorno, sono variamente presenti ma ben si può dire che vadano oltre l’esperienza biografica, sino a diventare una forma di riflessione su noi stessi, immersi fra lontananze irragiungibili, mondi immaginari e non prossimi e mondi prossimi che vorremmo immaginari. Il richiamo siderale e lontano pare costituire un’attrattiva imprescindibile per l’artista, come per il musicista inglese Robert Simpson (1921-1997), un pensiero che avevo espresso all’autrice; in taluni dei suoi quadri si possono osservare figure di pianeti di un colore che vorrebbe forse richiamare superfici e formazioni rocciose sconosciute  o semplicemente sognate, immaginate, in un altro caso il pianeta è  di un azzurro evocante la volta celeste, racchiudente esso stesso immagini dello spazio, immerso in un universo del colore della notte, cosparso di un pulviscolo astrale…oppure all’interno del pianeta è inserita, come in un cammeo, una serena immagine onirica; la figura di una ragazza che ha raggiunto un luogo di pace o ad esso è ritornata. Il mistero di un Giannici e la contemplazione trasognata di una Bettinelli, per voler pensare ad un accostamento con altri due autori locali, pur se l’artista rimane se stessa ed il suo messaggio dallo spazio è strettamente personale, con un richiamo alle distanze cosmiche irraggiungibili e nel contempo con l ‘anelito di voler laggiù o lassù ritrovare qualcosa di qui, di perduto qui. La pittura “spaziale” di Ingrid Mijich potrebbe affiancarsi, inoltre, alla ricerca perseguita dal filone cui appartengono Filippo Degasperi (Milano, 1928 e Renzo Bergamo (Portogruaro, 1934), con un anelito poetico in più, però, ed in una dimensione di serenità, rispetto alle ansie”astronautiche” di questi due interessanti artisti , senza la visione inquietante presente in una “apparizione planetaria” di una veduta di Giulio Turci (1917-1978).

Agli antipodi, Ingrid desidera descrivere, esplicare i segreti del quotidiano, cercando lì una ragione di trascendenza, un soffio di irraggiungibile distanza cosmica, come nel cosmo cercava il familiare, in un tentativo artistico, ovvero affidato alla creatività, ad un tempo surreale e metafisico, di cercare collegamenti fra cielo e terra, fra sogni e concretezza, tra distanza e prossimità, il tentativo del mistico, insomma, di voler ascendere al Tutto che non si fa vedere pur essendo sempre presente.

L’esule Ingrid è a suo agio in questa affascinante navigazione, in cui incontra le vibrazioni dell’ispirazione artistica insieme con la tenerezza dei suoi intimi desideri e ricordi in una voce che incanta e parla  al tempo stesso. Così troveremo qualcosa di inspiegato ed inspiegabile nelle sue acciughe guizzanti o affioranti da piatti o avvolgentisi in “uova di mare” che vogliono recare qualche simbolo recondito, del resto anche la sfera fa parte dei luoghi visitati da Ingrid, od in altre “trascendenti” forme ittiche oppure ravviseremo un soffio fatato di “realismo magico” in oggetti di uso comune…In tale inclinazione della sua opera, ed in più negli acquerelli, in cui la sospensione metafisica incrocia la delicatezza nel percepire fiori, paesaggi o volti, possiamo cogliere qualche affinità con uno dei grandi della pittura italiana del Novecento: Filippo De Pisis, autore di “nature morte” in cui permane un senso di incombente mistero mentre la scuola dei suoi maestri Francesco Casorati e Mauro Chessa, illustri figli d’arte, ha lasciato ad Ingrid l’eredità del messaggio del realismo magico, che lei, con il tocco di leggerezza che le è proprio, il “tono leggiadro”, come scrive Lorenza Rossi, sa trasferire dal salotto di casa allo spazio,  per farlo poi ritornare quaggiù!

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