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ATTUALITÀ

Referendum trivelle: il quorum mancato ed il fallimento della votazione

di Michele Alluigi

Il referendum del 17 aprile 2016 è fallito; durante la giornata di votazione, nella quale i seggi erano aperti dalle 7 alle 23, il famoso quorum, ovvero la quota necessaria di voti affinché il risultato fosse valido, fissata al 50% + 1 degli aventi diritto al voto, non è stato raggiunto.

I numeri parlano chiaro: i risultati aggiornati al primo mattino successivo annoverano un’affluenza stimata al 31,2% sulla scala nazionale, ancora ben lontana quindi dal tetto del quorum. Nonostante la vittoria schiacciante dei sì, che hanno raggiunto l’85, 8% contro il restante 14,2% dei no, il referendum non è valido.

Questa votazione, per chi ancora non lo sapesse, consisteva in un referendum abrogativo, nel quale veniva richiesto agli elettori di dire la loro riguardo alla durata delle concessioni per le trivellazioni nei mari: votando sì si esprimeva la volontà di voler far cessare le manovre di trivellazione allo scadere delle concessioni rilasciate, anche se il giacimento è ancora pieno di gas o petrolio, e quindi considerato “ancora vivo”; votando no, al contrario, si esprimeva la volontà di far durare le estrazioni per tutta la durata della vita del giacimento, vale a dire fino a quando tutta la materia prima in esso contenuta non venisse estratta, ponendo così in secondo piano la durata della concessione.

Il parere che ognuno dei votanti ha espresso all’interno del seggio non è certo ambito da discutere in questa sede, anche perché, come è giusto che sia, ognuno è liberissimo di votare ciò che vuole (siamo in democrazia del resto); lo spunto di questa riflessione va ben oltre il parere del singolo, molto più a monte, diciamo verso il quadro più generale: abbiamo votato in pochi.

Nonostante ci sia stata fornita la possibilità di dire la nostra riguardo ad un determinato tema, è non è la prima volta che succede, soltanto una parte ristretta degli elettori si è recata al seggio per esercitare quello che è non solo un nostro diritto ma anche un nostro dovere a livello etico. Di fattori di ostacolo alla corretta riuscita della votazione ce ne sono stati diversi, primi fra tutti forse la poca chiarezza sull’argomento, a cui si è tentato di far fronte solo pochi giorni prima attraverso i vari spot televisivi, ma il l’elemento decisivo non è da ricercarsi “nell’altro” (l’istituzioni, il governo o chi per essi), ma nello scarso interesse che da qualche anno a questa parte gli Italiani stanno dimostrando verso l’andamento del proprio paese, condito poi dai vari populismi ed atteggiamenti menefreghisti imperanti.

Per quanto riguarda la Liguria, sul 31, 6% degli elettori totali, i voti per il sì sono stati l’83,3%, mentre quelli per il no il 16,7%; nel caso specifico della nostra regione dunque, i pochi elettori hanno comunque votato per il si in maggioranza.

Scendiamo ulteriormente più a fondo con i risultati della provincia di Savona, dove l’affluenza è stata del 33,2% , con l’81,1% dei voti al sì ed il restante 18,9% per il no. Anche nel savonese dunque la parte predominante di chi ha votato ha espresso il proprio voto a favore della cessazione delle trivellazioni nei mari una volta scaduta la concessione, ma questo proposito si è rivelato un buco nell’acqua. Il quorum necessario per rendere valido il referendum non è stato raggiunto ed è quindi come se avesse vinto il no, ergo, le estrazioni continueranno fino all’esaurimento dei giacimenti; viene quindi da chiedersi cosa abbia votato a fare la maggior parte di chi si è recato al seggio; pur avendo vinto statisticamente il si, a causa del mancato raggiungimento del quorum, si agisce in base al no.

Tra i sì ed i no però non ha vinto nessuno, vero vincitore effettivo di questo referendum è stato l’astensionismo, che ancora una volta evidenzia quello che a tutti gli effetti potrebbe entrare nei dizionari con la definizione di “paradosso all’italiana”: ci si lamenta che tutto va male e si desidera che cambino le cose, ma appena ci viene fornito il mezzo per dire la nostra, ci si astiene dal far sentire la propria voce. Il luogo comune secondo cui ormai votare è inutile ha definitivamente preso il sopravvento, gettando il paese nella passività elettorale, e per quei pochi cittadini che nelle urne ancora ci credono e votano, a prescindere da cosa votino, ogni elezione è diventata una poetica attesa dell’arrivo di Godot.

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