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CULTURA

Jacchia Giusto Pietro

La sua vita e la sua morte sono un tributo alla dedizione a una causa superiore e alla volontà di combattere per ciò in cui credeva.

La straordinaria storia di Giusto Pietro Jacchia, dalla nascita a Trieste alla sua coraggiosa lotta in Spagna come volontario di guerra, fino alla sua tragica fine in combattimento nel 1937.

Giusto Pietro Jacchia, noto come Piero, è nato l’8 aprile 1884 a Trieste, figlio di Eugenio e Clementina Fano. La sua famiglia, di origine ebraica, lo ha cresciuto in un ambiente di profonda cultura e impegno civico. Dopo aver conseguito una laurea in lingue straniere, Jacchia ha intrapreso la carriera di insegnante di liceo. La sua vita, però, sarebbe stata segnata da un profondo impegno politico e dai drammatici eventi del suo tempo.

All’inizio del XX secolo, Jacchia fu costretto a lasciare Trieste a causa delle sue posizioni irredentiste. Si trasferì a Bologna, dove visse con suo zio Eugenio Jacchia e lavorò per un breve periodo nella redazione del “Giornale del Mattino”. Tuttavia, il destino lo avrebbe portato in direzioni sorprendenti.

Nel 1915, all’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, Jacchia si arruolò volontario. Durante il conflitto, raggiunse il grado di tenente dei bersaglieri e ricevette una croce di guerra per il suo coraggio dimostrato sul fronte Goriziano. Jacchia era un uomo determinato e desiderava essere in prima linea.

Dopo la fine della guerra nel 1918, Jacchia tornò a Trieste e nel 1919 fu uno dei fondatori del fascio di combattimento. Partecipò attivamente alla “marcia su Roma”, ma in seguito si allontanò dal Partito Nazionale Fascista (PNF) quando iniziarono le persecuzioni contro la massoneria, di cui era membro. Nel 1927, a seguito del suo rifiuto di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista, fu licenziato dalla scuola.

Nel 1931, Jacchia e sua moglie lasciarono l’Italia e si rifugiarono in Olanda e poi in Gran Bretagna, dove Jacchia intraprese un’intensa attività politica antifascista. Nel 1936, sotto il nome di Fulvio Panteo, si unì alla Colonna Rosselli in Spagna per combattere in difesa della Spagna repubblicana contro la sedizione franchista. La sua dedizione al combattimento per la libertà lo portò a essere ferito in Aragona il 5 novembre 1936. Dopo essere stato dimesso dall’ospedale, fu destinato al fronte di Madrid, dove il 28 gennaio 1937 perse la vita in combattimento.

Nel frattempo, in Italia, nel 1944, suo cugino Mario Jacchia, comandante regionale delle brigate Garibaldi, diede il suo nome alla 3ª brigata di Montagna, che successivamente divenne la 66ª brigata Jacchia Garibaldi.

Jacchia non fu solo un eroico combattente, ma anche un poeta. Mentre si riprendeva dalle ferite in Aragona, scrisse la sua ultima poesia intitolata “Vigilia”, in cui esprimeva il suo desiderio di riscattare il suo passato fascista e la sua speranza per un futuro migliore. La sua poesia testimonia la profonda evoluzione del suo pensiero e del suo impegno politico.

Giusto Pietro Jacchia è una figura eccezionale e esemplare, il cui coraggio e la cui lotta per la libertà rimangono una fonte di ispirazione per le generazioni future. La sua vita e la sua morte sono un tributo alla dedizione a una causa superiore e alla volontà di combattere per ciò in cui credeva.

Fonti:

Jacchia Giusto Pietro – Storia e Memoria di Bologna

Il fascista della prima ora che si pentì e andò a morire nella guerra di Spagna | Il Foglio

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