Please assign a menu to the primary menu location under menu

Archivi

POLITICA

Paola De Micheli punta ad essere “la nuova Giorgia Meloni” italiana  

Il day after, costituito dalle elezioni politiche del 25 settembre 2022 ha portato in dote aria di rivoluzione per molti partiti: il PD, primo fra tutti, deve fare i conti con una cocente sconfitta e l’annunciata non-ricandidatura di Enrico Letta. L’ex ministra del Governo Conte, Paola De Micheli, non si è tirata indietro candidandosi per la sua guida. Non ha perso tempo e già all’indomani della sconfitta si è fatta avanti in attesa del prossimo decisivo Congresso. “Ho 49 anni, un curriculum fitto fitto e una grande voglia di spendermi in qualcosa di importante. Voglio puntare sui militanti, troppo spesso dimenticati, quando non umiliati” aveva esordito. Al momento il risultato dei sondaggi però non le è molto favorevole: a sole due settimane dalla candidatura ufficiale, Elly Schlein era infatti già  balzata in avanti raccogliendo un rotondo 30%, con De Micheli in netto distacco, Cuperlo ancor più e a spuntarla, almeno per ora, parrebbe Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, con un sonoro 41%. Ma la partita è ancora assolutamente aperta: la vice presidente dell’Emilia Romagna, Schlein, potrebbe risalire e marcare serratamente il ‘suo presidente’, almeno come primo scenario. Intanto il PD continua nella sua irreversibile caduta. “I simboli e i ricordi hanno valore universale, ed è meglio lasciarli dove sono se il rischio di scalfirli si fa concreto” ha detto Letta alla manifestazione flop del 18 dicembre a Roma dal titolo: “Insieme: per difendere sanità pubblica e politiche sociali”. Luogo: Piazza Santi Apostoli, il teatro delle luci del prodismo che fu, dei quartier generali dell’Ulivo e dei palchi su cui si festeggiarono le uniche due ultime vittorie del centrosinistra, nel 1996 e nel 2006. Compresso tra pene proprie e glorie altrui nei giorni in cui il supposto primato morale sembra venire giù sotto i colpi dell’inchiesta cosiddetta Qatargate, il Pd si interroga su quale sia la strada da seguire in futuro.Una ricetta pensa di averla Paola De Micheli, in corsa ma data indietro negli ambienti interni. Classe ‘73, eletta in Parlamento nel 2008 e ministra dei Trasporti del governo giallorosso Pd-M5S sarebbe la prima donna, se vi riuscisse (impresa difficilissima, per non dire impossibile) a ricoprire il ruolo di segretario. Proprio il tema della parità di genere è uno dei punti fermi della sua campagna ed in caso di vittoria ha fatto sapere di volere «nominare una segreteria di tutte donne, forse un maschietto o due». Ma il suo profilo politico, come ha svelato in un incontro avvenuto a Savona il giovedì 15 dicembre (tappa n° 38 del suo tour per l’Italia)  non si basa solo sulle lotte gender. Laureata in Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano ha poi intrapreso una brillante carriera da manager nel reparto agroalimentare tanto che Pierluigi Bersani, emiliano come lei la volle nel dipartimento economico del partito dove si è occupata perlopiù di piccole e medie imprese. Coltivando anche ottimi rapporti con Enrico Letta entra poi a far parte del consiglio direttivo di “TrecentoSessanta”.Renzi la nomina sottosegretaria all’Economia e quando alle Europee del 2014 il Pd arriva al 40 per cento la De Micheli esulta e arriva a dire: «Con questi risultati non servono più le correnti». Accusata di tradimento dai suoi oppositori nel 2017 diventa sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio col governo Gentiloni, con delega al terremoto del centro-Italia. Nel frattempo, da grande appassionata di pallavolo, ricopre anche l’incarico di presidente della Lega Pallavolo Serie A. Nel 2019 alla guida del partito torna la sinistra. Nicola Zingaretti vince le primarie e lei in prima linea durante la campagna elettorale, diventa vicesegretaria. Quando Renzi propone la nascita del governo giallorosso la De Micheli bolla l’idea non solo come «sbagliata», ma addirittura di un «impatto devastante per l’opinione pubblica». Poi l’idea si concretizza e la nostra non solo si adegua, ma entra in lizza come possibile ministro. «Sono pronta a fare quello che mi chiederà il partito», fa sapere. Così alla fine diventa ministra dei Trasporti. Arriva la pandemia e con essa i difficili dossier dei trasporti scolastici con le continue promesse, spesso disattese, dei rientri in classe. De Micheli si fa notare anche per la fiducia nei vaccini anti Covid che vorrebbe fossero «obbligatori».  Recentemente edito da Rubbettino ha pubblicato “Concretamente – Prima le persone”. Nel libro dedicato alla sua corsa alla segreteria del Pd trovano spazio alcune delle proposte che confluiranno nella mozione congressuale. Nelle pagine del volume non c’è soltanto un’analisi dei problemi irrisolti del Pd e le soluzioni per trasformarlo in un partito finalmente identitario e contemporaneo. “Concretamente” è anche il viaggio di una vita che incrocia la militanza con tante esperienze personali e professionali, indispensabili per rimanere ancorati alla realtà. In Liguria c’era già stata e aveva incontrato nel periodo del “maltempo” nel Savonese i vertici regionali, provinciali, il Prefetto e i sindaci di numerosi comuni del Savonese. Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, il prefetto di Savona Antonio Cananà, la vicepresidente Sonia Viale, l’assessore alle infrastrutture Giacomo Giampedrone li riunì proprio nella Prefettura di Savona. Nella serata alla SMS Generale di via S.Lorenzo, la candidata “silenziata” del Pd, come ama definirsi, ha messo a nudo le criticità del sistema PD (così lo ha definito), prima fra tutte, il non aver capito la sofferenza del Paese. Ha parlato di fatto della necessità di un “cambiamento radicale” poiché occorre prendere atto che “un’epoca è finita”. La questione femminile non le va’ proprio giù. “Siamo il partito che ha fatto più leggi a favore delle donne, ma poi di fatto le candidature a sindaco o presidente di Regione sono rarissime. E la colpa è anche della misoginia di alcune donne che si sentono soddisfatte da un ruolo “ancillare”. La Ue la voglio diversa e migliore”. Tornando al testo presentato Maurizio De Giovanni nella prefazione ha tuonato : “Nell’ultimo decennio il Partito Democratico ha ostentato molte identità diverse. Il risultato è che pare non averne più nessuna. Paola possiede le risorse personali e professionali, indispensabili per rimanere ancorati alla realtà. Un canone che ha riacceso la miccia della speranza in migliaia di sostenitori”. Paola sa di essere la terza incomoda o, se vogliamo, l’outsider fra Stefano Bonaccini e Elly Schlein. Alla domanda sul perché si è proposta al timone del centro sinistra ha risposto : “La mia candidatura nasce dal rapporto con le persone e viene da lontano. È legata alla mia storia di militanza nel Pd, nella buona e nella cattiva sorte. Sono la vera novità di questa campagna congressuale perché propongo un cambiamento concreto, parola che non a caso è diventata anche il titolo del mio libro, nelle idee e nel modello organizzativo del nostro partito per introdurre una partecipazione che decide. La mia sfida è coraggiosa. Mi faccio carico di avanzare soluzioni concrete e una visione di Paese nuova, diversa da quella uscita negli ultimi anni. La mia priorità deve essere la lotta alle disuguaglianze”.
Secondo lei il Pd come farà a recuperare i voti che vi stanno erodendo i 5 stelle a sinistra e il terzo polo al centro? Ecco un’altra domanda.
«Io credo che prima di tutto venga il lavoro. È fondamentale riappropriarci di questo tema, a partire dalla scrittura di un nuovo ‘Statuto dei lavori’ che riconosca i cambiamenti degli ultimi anni per aumentare i diritti sociali. Un esempio concreto: il diritto ad avere pagata la malattia non può essere oggetto di contrattazione, deve diventare un diritto universale riconosciuto a tutti. E poi occorre affrontare in maniera concreta anche altri temi come l’ambiente, il fisco, e le infrastrutture, strumento fondamentale per contrastare le disuguaglianze». Visto che parliamo di lavoro, cosa pensa del reddito di cittadinanza e qual è la sua posizione sul dibattito per l’autonomia differenziata? “Il reddito di cittadinanza va mantenuto con alcune modifiche mirate, per modularlo sulle ragioni della povertà, economica, educativa, di salute, relazionale. E la gestione va trasferita ai comuni per garantire una risposta anche qualitativa e personalizzata. Sono contraria all’autonomia differenziata. Senza ridurre le diseguaglianze fra i territori aggraverebbe soltanto lo squilibrio tra Nord e Sud e non risolverebbe il problema della burocrazia e di una migliore gestione dei poteri nel rapporto tra Stato centrale ed enti locali”.
Esiste secondo lei un pericolo di scissione o scioglimento del partito? Le piace come sta procedendo la fase congressuale?
“Il filo rosso che unisce le storie, anche diverse, nella comunità del Pd continuerà ad esserci. Il nostro elettorato ha bisogno di concretezza. Sto girando l’Italia per incontrare le persone, iscritti ed elettori del Pd ai quali non parlo di politica solo sui social, ma guardando loro negli occhi. Per scongiurare scissioni, o il rischio ancor più concreto dell’esodo verso il disimpegno, sto portando avanti i valori della militanza e della partecipazione. Faccio appello agli altri candidati perché questa campagna sia incentrata sui contenuti e sulle proposte, non sui personalismi”. Dalla serata savonese del giovedì 15 dicembre dove era accompagnata dal consigliere comunale avv. Alessandra Gemelli e dal segretario provinciale del PD Emanuele Parrinello sono emersi alcuni punti/proposte che sinteticamente propongo al vaglio dei lettori : 1) no al partito/sistema 2) primarie con vincolo in prima battuta, primarie tematiche non solo aperte agli iscritti 3) via al riformismo partecipato 4) modello organizzativo nuovo : 15 ore settimanali di studio 5) difesa del salario minimo 6) potente investimento sulla tecnologia 7) maggior vigore alle politiche energetiche funzionali a far fronte alla transizione ambientale (decarbonizzazione) 8) più spazio “vero” alle donne (da ancelle a leader).Ci fermiamo qui anche perchè da quel 15 dicembre tante cose sono cambiate per il PD, ed in peggio. In primis era inevitabile non pagare le troppe incertezze del lungo percorso congressuale che ha innescato una fisiologica discesa nei sondaggi come pure accadde al M5S nella fase di transizione verso la leadership di Giuseppe Conte (colui che in oggi detta i temi e l’agenda progressista). Una caduta verticale a cui si è andato ad aggiungere la mazzata del Qatargate a dare il colpo di grazia.

1 commento

  • I may need your help. I tried many ways but couldn’t solve it, but after reading your article, I think you have a way to help me. I’m looking forward for your reply. Thanks.

Rispondi