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CULTURA

‘Parenti Serpenti’ al 50° Festival di Verezzi

di Laura Sergi

Sarà ‘Parenti Serpenti’ di Carmine Amoroso il prossimo spettacolo in prima nazionale del 50° Festival teatrale verezzino. Sul palco, da martedì 26 a giovedì 28 luglio (inizio alle 21.30), Lello Arena e Giorgia Trasselli, grandi protagonisti della pièce nei panni degli anziani genitori, saranno affiancati da Andrea De Goyzueta (Alessandro), Marco Mario De Notaris (Michele), Carla Ferraro (Gina), Autilia Ranieri (Milena), Annarita Vitolo (Lina) e Fabrizio Vona (Alfredo).

Sotto la regia di Luciano Melchionna, le scene di Roberto Crea, i costumi di Milla e le musiche di Stag, rivivremo la richiesta di due anziani genitori ad essere accuditi: figurarsi! Ricordiamo tutti la bella-triste immagine del povero nonno reso celebre nel grande schermo da Paolo Panelli, che poteva impietosire tutti, ma non i suoi figli, e la felicità sul volto della di lui consorte, nel ruolo che fu di Pia Velsi, mentre riceve in regalo quel dono ‘micidiale’. In piazzetta Sant’Agostino, Arena e la popolare ‘Tata’ di Casa Vianello saranno impegnati a ricordarci ‘le meravigliose responsabilità che un cordone ombelicale come quello tra genitori e figli impone’, come scrive il regista Melchionna. Che aggiunge: ‘Prima o poi saremo tutti dei vecchi bambini bisognosi di cure…’.

Nell’attesa, possiamo anche parlare di ‘Dieci piccoli indiani… e non rimase nessuno’, due atti di Agatha Christie, traduzione di Edoardo Erba, in prima nazionale il 21 luglio scorso, diretti da Ricard Reguant. Sul palco un ottimo cast: Ivana Monti, Luciano Virgilio, Giulia Morgani, Pierluigi Corallo, Caterina Misasi, Pietro Bontempo, Leonardo Sbragia, Mattia Sbragia, Alarico Salaroli e Carlo Simoni, in un progetto scenico di Gianluca Ramazzotti e Reguant stesso, costumi di Adele Bargilli.

Un grande pilone al centro della scena, come si evince dalla foto, con la filastrocca che fa da filo conduttore di tutta la trama e, via via che scorrono i morti, cade una statuina dal tavolo e si illumina e si spegne una strofa. Tensione a gogò, cuore in gola, massima suspense… Impossibile descrivere quanto la cosa più difficile, creare il brivido, sia stata tangibile l’altra sera, sulle belle scene di Alessandro Chiti che, nella prima serata della pièce di martedì 19, ha anche ricevuto una Targa dalle mani del sindaco Renato Dacquino, per la sua quattordicesima presenza in Piazzetta.

Dieci persone in preda al terrore, condannate a morte da una sentenza scritta su un vecchio disco e che, una dopo l’altra, finiscono col perdere la vita, nel modo indicato dalla cantilena, come tanti ‘soldatini’.

Realizzata la cosa più difficile, dicevo. Meno una più facile, ugualmente importante: la curva dell’attenzione ha le sue esigenze, e uno spettacolo come quello doveva necessariamente far calare l’angoscia, prima che gli attori si presentassero agli applausi (il rovescio della medaglia di aver scelto la versione del libro, che però ha ancora un epilogo e riporta la confessione affidata al mare, e non la versione con il dolce finale che la scrittrice preferì per una realizzazione teatrale). Qualche istante da recuperare, d’altronde, lo possiamo ricavare proprio dalla lettura della filastrocca, recitata per intero all’inizio, letta e riletta nelle singole strofe via via che la trama avanza: e se in apertura, dopo la prima strofa, sfumasse?

Una correzione in ogni caso s’impone, perché lo spettacolo merita d’essere visto grazie alla bravura di tutti i protagonisti.

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